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L’immobile occupato dal debitore o da terzi senza titolo

Pubblicato su Il Messaggero il 25 ottobre 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Vietata la riproduzione. Tutti i diritti riservati.

Le disposizioni generali del Tribunale di Roma relative alla pubblicità della vendita, prevedono espressamente che venga indicato lo stato dell’immobile, se libero o  occupato.

Ciò al fine di garantire che l’acquirente disponga di tutte le informazioni per valutare l’opportunità dell’acquisto. 

Immobile occupato dal debitore, o da terzi con contratto opponibile

L’immobile occupato dal debitore o da terzi senza titolo: occorre distinguere l’ipotesi in cui il bene posto in vendita sia occupato dall’esecutato, o da terzi.

E, in  quest’ultimo caso, se con titolo opponibile o meno alla procedura.

Nel caso di immobile occupato dall’esecutato e dalla sua famiglia ovvero da terzi senza alcun titolo, già con l’ordinanza di aggiudicazione, o con il successivo decreto di trasferimento, è possibile ottenere il rilascio del bene acquistato da parte del custode giudiziario.

Diversa è, invece, l’ipotesi in cui esista un contratto di locazione, in quanto  bisognerà verificare se lo stesso sia stato stipulato prima o dopo il pignoramento immobiliare.

Di regola l’opponibilità dei contratti all’acquirente di una procedura è riconducibile all’elemento della data certa.

La data deve essere precedente al pignoramento e la certezza della data deve essere accertata attraverso la registrazione del contratto.  

L’immobile occupato dal debitore o da terzi senza titolo: il contratto di locazione

E’ bene precisare che la data certa del contratto di locazione potrebbe essere desunta anche da altri elementi

Quali per esempio un timbro postale, un’autentica di firma effettuata da un Pubblico Ufficiale, ovvero dal timbro del deposito dell’atto in una cancelleria, o in un qualsiasi ufficio pubblico.

La norma di riferimento non parla, infatti, di registrazione,  che ha rilievo ai soli fini fiscali.

Tant’è  che nella Legge 392/98 la nullità del contratto è ricollegata solo alla assenza della forma scritta e non alla registrazione, inizialmente prevista a pena di nullità.

Il contratto di locazione ad uso abitativo non registrato è opponibile?

Quindi, per fare un esempio, un contratto di locazione ad uso abitativo non registrato, ma avente data certa anteriore alla trascrizione del pignoramento può considerarsi opponibile alla procedura e per quanti anni?

Per rispondere occorre considerare la disciplina delle locazioni abitative, regolata dalla Legge 431 del 98 che prevede una durata del contratto di anni quattro, rinnovabili automaticamente di ulteriori quattro in caso di mancato recesso per i motivi previsti dalla legge.

Dunque un contratto avente data certa anteriore al pignoramento scadrà in ogni caso dopo otto anni dall’inizio della locazione, tenuto conto che nel corso della procedura non  sono consentiti rinnovi automatici.

L’immobile occupato dal debitore o da terzi senza titolo e le locazioni ultra novennali

Per i contratti che prevedono durate superiori l’articolo di riferimento è il 2923 del  codice civile.

Nel quale si prevede che le locazioni consentite da chi ha subito l’espropriazione sono opponibili all’acquirente se hanno data certa anteriore al pignoramento, alla stregua dell’articolo 1599 cc per un periodo non superiore ai 9 anni dall’inizio della locazione.

A meno che, oltre alla data certa, non vi sia stata anche la  trascrizione del contratto presso i Registri Immobiliari, prevista per le sole locazioni ultra novennali.

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La validità del contratto di locazione nel procedimento esecutivo

Pubblicato su Il Messaggero il 17 ottobre 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati

Opponibilità delle locazioni anteriori al pignoramento

L’art.  2923 del  codice civile coordina la posizione dell’acquirente in  vendita forzata con quella dei terzi  titolari  di  diritti  sulla cosa fondati su un contratto di locazione.

Conformandosi al principio “emptio non tollit locatum”  dettato anche per la vendita volontaria,  sempre che si tratti  di locazioni anteriori al pignoramento –  spiega  Gianluca Sposato avvocato immobiliarista a Roma.  

La disposizione in  esame stabilisce sostanzialmente tre criteri per verificare l’anteriorità  della locazione al pignoramento, cui  corrispondono gradi  diversi  di opponibilità.

La trascrizione rende opponibili le locazioni

In primis la trascrizione,  che rende totalmente opponibili le locazioni immobiliari ultra novennali.

La validità del  contratto di locazione nel procedimento esecutivo non può prescindere dall’accertamento di trascrizioni pregiudizievoli per l’acquirente d’immobile.

Quindi la data certa che impone all’acquirente di rispettare le locazioni immobiliari per l’intero periodo della durata convenzionale, purchè non  eccedente il novennio  dall’inizio della locazione.

Infine occorre considerare la detenzione del conduttore,  che obbliga l’acquirente al  rispetto della locazione nei limiti alla durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni  a tempo indeterminato.

Contratto di locazione a canone concordato a prezzo inferiore al minimo

Ma vediamo  nel  caso  concreto: cosa accade per esempio in caso di acquisto di immobile da una procedura esecutiva immobiliare alla quale sia opponibile un contratto di locazione a canone concordato ex art. 2 comma 3 legge 431/98 e canone pari a meno della metà del minimo contrattuale?

La validità del contratto di locazione nel procedimento esecutivo in questo caso è opponibile, poichè di regola all’acquirente sono opponibili le sole locazioni aventi data certa anteriore al pignoramento.

Questo criterio subisce però un’eccezione, ai sensi dell’art. 2923 terzo comma in esame.

In tale ipotesi l’acquirente non è tenuto a rispettare le locazioni consentite dall’espropriato in epoca anteriore al pignoramento nel caso in  cui  il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni.

Congruità del prezzo  di locazione come elemento di  prova

La congruità o meno del prezzo per l’estensione alla vendita forzata del principio per cui l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione va valutata non con riferimento all’epoca della stipulazione del contratto o dell’assegnazione del bene, ma alla data del pignoramento.

L’acquirente che non voglia rispettare la locazione nonostante la tempestività del contratto e la congruità del canone deve eccepire la simulazione del contratto ai sensi dell’art. 1415 secondo comma del  codice civile, fornendone la relativa prova,  come ha affermato la Cassazione con  sentenza del  27/1/1999, n. 721.

Rinnovo tacito del contratto di  locazione

Dopo che sia stato eseguito il pignoramento, non è dato parlare, infatti, di rinnovo tacito del contratto di locazione per mancata disdetta da parte del locatore.

Essendo necessaria l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560 secondo comma del  codice di procedura civile, mancando la quale il rapporto locativo non subisce rinnovi ulteriori dopo il pignoramento (Cass. 25/2/1999).

Cosa succede, infine, qualora la locazione, per essere stato il relativo contratto stipulato in epoca successiva al pignoramento dell’immobile, non sia opponibile all’aggiudicatario del bene?

Il conduttore che non sia stato avvertito dell’esistenza del pignoramento dell’immobile, e che sia stato costretto a rilasciarlo in seguito alla vendita, ha diritto, per il fatto di aver subìto l’estromissione da parte dell’aggiudicatario, al risarcimento del danno nei confronti del locatore, per non aver goduto dell’immobile fino alla scadenza pattuita.

 

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La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento

Pubblicato su Il Messaggero il 26 settembre 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione.

Opponibilità delle locazioni anteriori al pignoramento

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento: l’art. 2923 del codice civile coordina la posizione dell’acquirente in vendita forzata con quella dei terzi titolari di diritti sulla cosa fondati su un rapporto di locazione.

Conformandosi al principio “emptio non tollit locatum” dettato anche per la vendita volontaria, sempre che si tratti di locazioni anteriori al pignoramento.

La disposizione in esame stabilisce sostanzialmente tre criteri per verificare l’anteriorità della locazione al pignoramento, cui corrispondono gradi diversi di opponibilità.

Quando sussiste la validità per l’acquirente delle locazioni anteriori al pignoramento?

In primis bisogna verificare la data relativa alla trascrizione, che rende totalmente opponibili le locazioni immobiliari ultra novennali.

Quindi bisogna riscontrare la data certa, che impone all’acquirente di rispettare le locazioni immobiliari per l’intero periodo della durata convenzionale, che non deve eccedere il novennio  dall’inizio della locazione.

Infine occorre considerare la detenzione del conduttore, che obbliga l’acquirente al rispetto della locazione nei limiti alla durata corrispondente a quella stabilita per le locazioni a tempo indeterminato.

Opponibilità del contratto di locazione a canone inferiore al minimo contrattuale

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento:  vediamo nel caso concreto.

Cosa accade in caso di acquisto di immobile da una procedura esecutiva immobiliare alla quale sia opponibile un contratto di locazione a canone concordato?

Esaminiamo l’ipotesi in cui il canone  sia pari a meno della metà del minimo contrattuale.

Di regola all’acquirente sono opponibili le sole locazioni aventi data certa anteriore al pignoramento.

Questo criterio subisce però un’eccezione, ai sensi dell’art. 2923 terzo comma in esame.

In tale ipotesi l’acquirente non è tenuto a rispettare le locazioni consentite dall’espropriato in epoca anteriore al pignoramento.

Ciò  solo nel caso in cui il prezzo convenuto sia inferiore di un terzo al giusto prezzo, o a quello risultante da precedenti locazioni.

Come valutare la congruità del prezzo di locazione ai fini dell’opponibilità del contratto?

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento non può prescindere dalla congruità del canone locatizio.

La congruità, o meno, del prezzo per l’estensione alla vendita forzata del principio per cui l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione va valutata non con riferimento all’epoca della stipulazione del contratto, o dell’assegnazione del bene, ma alla data del pignoramento.

L’acquirente che non voglia rispettare la locazione nonostante la tempestività del contratto e la congruità del canone deve eccepire la simulazione del contratto ai sensi dell’art. 1415 secondo comma del  codice civile, fornendone la relativa prova.

Dopo che sia stato eseguito il pignoramento, non è dato parlare, infatti, di rinnovo tacito del contratto di locazione per mancata disdetta da parte del locatore.

Essendo necessaria l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560 secondo comma del  codice di procedura civile, mancando la quale il rapporto locativo non subisce rinnovi ulteriori dopo il pignoramento (Cass. 25/2/1999).

La validità per l’acquirente delle locazioni anteriori alla data del pignoramento: quando  non è opponibile all’aggiudicatario?

Cosa succede quando la locazione non è opponibile all’aggiudicatario del bene per essere stato il relativo contratto stipulato in epoca successiva al pignoramento dell’immobile?

Il conduttore che non sia stato avvertito dell’esistenza del pignoramento dell’immobile, che sia stato costretto a rilasciarlo in seguito alla vendita, ha diritto al risarcimento del danno nei confronti del locatore.

Ciò in  conseguenza del fatto di aver subìto l’estromissione da parte dell’aggiudicatario e della privazione del diritto precedentemente acquisito di  cui non poteva avere conoscenza.

Ravvisandosi dolo e malafede da parte del debitore esecutato che ha stipulato il  contratto di locazione, tenendo all’oscuro il conduttore dell’esecuzione forzata in corso.

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Case all’asta, l’opposizione agli atti esecutivi

Pubblicato su Il Messaggero il 19 settembre 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. 

 

 

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Le contestazioni sul ricavato della vendita

Pubblicato su Il Messaggero il 12 settembre 2010 dall’Avvocato immobiliarista Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione

Le contestazioni sul ricavato della vendita: il giudice ha il potere discrezionale di sospendere, o meno, il procedimento in attesa della soluzione della controversia

Contestazioni in sede di distribuzione del ricavato della vendita

Le controversie distributive sono incidenti cognitivi, codificati e disciplinati dall’art. 512 del  codice di procedura civile e riguardano la sussistenza. o l’ammontare di uno, o più crediti.

Possono riguardare anche la sussistenza di diritti di prelazione che possono sorgere in sede di distribuzione del ricavato.

La distribuzione del ricavato della vendita nell’esecuzione immobiliare si effettua attraverso il piano di riparto che viene redatto dal Custode Giudiziario o dal Ctu Contabile.

Entrambi sono nominati dal Giudice dell’Esecuzione che approva il progetto  di  distribuzione, ove non sorgano contestazioni, in sede di distribuzione.

Cosa riguardano le controversie distributive?

Le contestazioni sul ricavato della vendita: le controversie distributive riguardano la collocazione e la graduazione dei crediti.

Ad esempio: il fatto se un creditore debba essere incluso, o escluso, dal riparto o se debba avere un importo diverso da quello attribuito nel progetto di distribuzione.

La formulazione dell’art. 512, a seguito della Novella del 2006, sembra aver trasformato tali controversie in veri e propri incidenti cognitivi.

Poiché riguardano non solo la collocazione o la graduazione dei crediti, ma anche l’esistenza degli stessi e dei diritti di prelazione.

Tali controversie possono avere ad oggetto non solo questioni formali, ma anche di merito ed in  dottrina si è affermato possano avere efficacia di giudicato, anche se non vengono più decise con sentenza, bensì con ordinanza.

La conseguenza di tale impostazione è di tutto rilievo, atteso che l’ opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’ art. 615 del codice di procedura civile, riguarda l’esistenza del credito.

Potendo essere esperita solo dopo la chiusura del processo esecutivo e non in concorrenza di azioni, nel caso non siano state sollevate contestazioni ex art. 512 dello stesso codice di rito.

Cosa sono le contestazioni sul ricavato della vendita?

Trattasi in  sostanza  di procedimenti di natura sommaria, ove il Giudice dell’Esecuzione, pur non avendo i poteri del Giudice di cognizione, può svolgere attività istruttoria, potendo sentire le parti e compiere accertamenti.

Come si afferma in dottrina sembrano ammissibili le prove costituende e anche le prove atipiche, come le sommarie informazioni e l’esibizione di documenti contabili.

Potendo essere disposta consulenza tecnica contabile anche per verificare l’illegittimità dell’anatocismo.

Con la Novella del 2006, onde rendere più snello il procedimento, il Giudice dell’Esecuzione ha il potere discrezionale di sospendere o meno l’esecuzione in attesa dell’esito della controversia distributiva.

Mentre antecedentemente la sospensione della vendita era considerata  necessaria per la parte oggetto della controversia.

Solo a seguito dell’emissione dell’ ordinanza di attribuzione delle somme e di chiusura del processo esecutivo le parti possono aprire il vero e proprio procedimento di cognizione, mediante le opposizioni ex art. 617 cpc.

Tali opposizioni,  come l’opposizione all’esecuzione, hanno carattere cognitivo  e si introducono con l’atto di citazione in giudizio chiudendosi  con una sentenza di accertamento nel merito.

A meno che non siano formulate in sede di procedimento esecutivo; in tal caso si distinguono in due fasi: cautelare – di sospensione – e di merito – di cognizione.

Forma delle contestazioni in sede di distribuzione del ricavato

Le opposizioni previste e disciplinate dall’art. 615 riguardano l’esistenza e l’ammontare del credito e, per l’effetto, la validità del titolo esecutivo e sono di due tipi: preventive e successive.

Le prime vengono introdotte prima dell’instaurazione del processo esecutivo con atto di citazione in giudizio.

Sono procedimenti di cognizione e con esse può essere chiesta la sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo, ancor più se è stato sospeso il titolo in contestuale gravame.

Tranne per i casi in cui il difetto del titolo giudiziale sia motivo esclusivo di appello, perché si converte in un vizio di gravame.

Le opposizioni successive, formulate dopo l’instaurazione del processo esecutivo sono introdotte con ricorso.

A cui segue un provvedimento del giudice di immediata sospensione della procedura, con decreto, o di fissazione dell’udienza per la sospensione, o meno, della procedura.

Tale procedimento è di natura cautelare anche se non segue del tutto il regime dei procedimenti cautelari, non anticipando il provvedimento di sospensione gli effetti finali del processo di merito che si instaura con atto di citazione.

La seconda fase, di merito, introdotta con citazione, segue il regime del processo di cognizione e si conclude con sentenza con effetto di giudicato.

Le contestazioni sul ricavato della vendita: i vizi formali dell’atto esecutivo

Le opposizioni agli atti esecutivi ex at. 617 c.p.c. riguardano vizi formali dell’atto esecutivo e sono anch’esse preventive e successive.

Le opposizioni a precetto vengono introdotte con atto di citazione, mentre le opposizioni al pignoramento e agli atti esecutivi  con ricorso.

Entrambe seguono la struttura bifasica tipica delle opposizioni alle esecuzioni  concludendosi con sentenza con effetto di giudicato sostanziale.

Il creditore potrà procedere o intervenire con lo stesso titolo in nuove o diverse procedure esecutive, non riunite a quella opposta.

Per le opposizioni agli atti esecutivi non è previsto il regime della sospensione, ma il Legislatore ha previsto che il giudice dell’esecuzione possa adottare atti urgenti indilazionabili, previsti dall’art. 618 del  codice di procedura civile.

Taluni rendono applicabile l’art 700 alle opposizioni agli atti esecutivi, onde poter ottenere la sospensione, altri invece pur non essendo previsto tale richiamo normativo, ammettono l’uso dei provvedimenti urgenti indilazionabili ex art 618 c.p.c.

Le opposizioni di terzo sono previste, invece,  dall’art. 619 del  codice di procedura civile e riguardano i diritti reali oggetto dell’immobile, trattandosi di azioni che il proprietario dell’immobile effettua a tutela della sua proprietà o diritto reale che lamenta erroneamente pignorato, così come le azioni di rivendica.

Si introducono, a seguito dell’imposizione del vincolo pignoratizio sul bene,  e si concludono con una sentenza ad effetto di giudicato.

Le opposizioni all’esecuzione e di terzo sono state dichiarate appellabili dalla Novella del 2009, a seguito dell’abrogazione del disposto di inappellabilità per le opposizioni all’esecuzioni successive, introdotta dalla Novella del 2006.

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Dopo la vendita all’incanto? Dieci giorni di tempo per offrire un quinto in più

Pubblicato su Il Messaggero il 25 luglio 2010.

L’art. 584 del codice di procedura civile stabilisce che, avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di…

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La garanzia del credito e le regole del pignoramento

 

Pubblicato su Il Messaggero il 27 giugno 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in diritto ereditario. Tutti i diritti riservati

In cosa consiste il pignoramento immobiliare?

Il pignoramento è un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario esegue al debitore di non compiere alcun atto atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni assoggettati all’espropriazione ed i loro frutti.

Pertanto con il pignoramento immobiliare viene costituito un vincolo sui beni assoggettati all’esecuzione che appartengono al debitore, di  cui con la trascrizione viene data anche pubblicità.

Lo  scopo è  quello  con  la vendita forzata di  ricavare soddisfazione del proprio credito  sui beni pignorati. 

La garanzia del credito e le regole del pignoramento: il patrimonio del debitore

I beni che vengono pignorati non sono nell’assoluta indisponibilità del debitore.

I problemi possono verificarsi soprattutto relativamente ad atti di disponibilità  che il soggetto pignorato possa compiere sui beni pignorati.

Pensiamo alla compravendita di un immobile pignorato.

Per prima cosa occorrerà verificare se il pignoramento è stato trascritto o meno e, dunque, se il terzo acquirente poteva, o meglio doveva, esserne a conoscenza.

A riguardo  bisogna richiamare l’art. 2913 del  codice civile che fa salvi  solo  gli  effetti  del possesso  bi buonafede,  circostanza non  sempre facilmente dimostrabile.

Che forma deve avere il pignoramento per essere valido?

La garanzia del credito e le regole del pignoramento: l ’art. 492 del codice di  procedura civile detta le regole relative alla forma che deve avere il pignoramento per essere valido.

L’ingiunzione fatta dall’ufficiale giudiziario al debitore è un elemento costante del pignoramento, in assenza della quale il pignoramento è nullo.

Con il pignoramento si attua la generica garanzia patrimoniale prevista dall’articolo 2740 del codice civile sul patrimonio del debitore

Altro  requisito è  costituito dall’invito ad eleggere domicilio in comune compreso nel circondario del tribunale e dall’avvertenza che altrimenti le successive notifiche  saranno effettuate presso la cancelleria.

Non  da ultimo l’ingiunzione deve contenere l’avvertimento della facoltà per il debitore di chiedere la conversione del pignoramento.

Ai fini  della garanzia del credito, inoltre, l’ufficiale giudiziari può effettuare, ove il creditore lo richieda, indagini presso l’anagrafe tributaria, o altre banche dati pubbliche consultabili.

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Le vendite all’asta e la mancata comparizione

Pubblicato su Il Messaggero il 13 giugno 2010.

Il procedimento esecutivo si estingue in caso di mancata comparizione per due udienze di tutte le parti…

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Case all’asta, l’estinzione del procedimento esecutivo

Pubblicato su Il Messaggero il 6 giugno 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Riproduzione vietata. Tutti i diritti riservati.

L’estinzione del processo esecutivo

L’estinzione del processo esecutivo può avvenire per rinuncia dei creditori agli atti esecutivi, oppure per inattività delle parti e anche, come introdotto dalla Legge 69/2009, per mancata comparizione all’udienza.

L’art. 629 del codice di procedura civile stabilisce che il processo si  estingue se, prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti.

Mentre dopo la vendita è necessario un atto abdicativo anche da parte dei creditori non titolati.

L’estinzione a seguito di rinuncia, che può avvenire anche in sede di opposizione agli atti esecutivi , si verifica solo con l’ordinanza del giudice.

Per cui fino a quando non è emesso tale provvedimento, i creditori possono intervenire in  giudizio ( Cass. Civ. 14 marzo 2008 n. 6885 ).

Estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti

L’estinzione per inattività delle parti può configurarsi come una sanzione per i comportamenti di inerzia e omissivi delle parti nella prosecuzione o nella riassunzione del processo.

Opera di diritto, su eccezione della parte o su rilievo d’ufficio, con ordinanza del giudice dell’esecuzione, alla prima udienza successiva al verificarsi della causa di estinzione.

Nell’estinzione per inattività rientrano i comportamenti omissivi, come ad esempio, la mancata instaurazione del giudizio di divisione nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione.

Ma anche il mancato deposito, o la mancata integrazione della relazione notarile nel termine di cui all’art. 567 del  codice di procedura civile.

Si considera un’ipotesi di estinzione per inattività delle parti, anche la mancata instaurazione del giudizio di merito di opposizione prevista dal terzo  comma dell’art. 624 del  codice di procedura civile.

La norma stabilisce in caso di sospensione del processo esecutivo, ove non venga instaurato il giudizio di merito di opposizione nel termine perentorio fissato dal giudice, l’estinzione con ordinanza del processo e  la cancellazione del pignoramento.

Come avviene l’estinzione del processo esecutivo?

A riguardo è bene ricordare che la legge 69/2009 ha previsto che l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 624 terzo comma del codice di procedura civile avvenga su rilievo d’ufficio e non più su istanza dell’opponente

Quanto all’ambito applicativo, parte della dottrina ritiene la norma applicabile alla sola opposizione all’esecuzione  ed all’ opposizione di terzo, ma non all’ opposizione a precetto.

Questo poiché nelle case all’asta, relativamente l’estinzione del procedimento esecutivo la norma succitata, limita la sua portata al pignoramento.

Mentre altro  orientamento ritiene la norma applicabile anche alle opposizioni agli atti esecutivi in base al  disposto dell’ art. 617 del codice di procedura civile.

Poiché l’ultimo comma dell’art 624 dello  stesso  codice di  rito, richiama l’art 618 che riguarda la sospensione delle esecuzioni agli atti esecutivi.

Mancata comparizione all’udienza nel processo esecutivo

Case all’asta, l’estinzione del procedimento esecutivo: l’ultima ipotesi di estinzione è contenuta nell’art. 631 del codice di procedura civile.

Si verifica con la mancata comparizione per due udienze di tutte le parti, rilevabile d’ufficio, previa comunicazione della cancelleria.

In tale ipotesi non si verifica l’estinzione del processo esecutivo, ma l’improseguibilità del procedimento, per il venire meno delle condizioni.

Come ad esempio nel caso di improcedibilità dell’azione, o per intervenuta dichiarazione di fallimento del debitore esecutato, salva la prosecuzione qualora il creditore vanti un titolo derivante da mutuo fondiario.

Cosa è l’estinzione atipica del processo esecutivo?

La Giurisprudenza di legittimità nega l’ipotesi di estinzione atipica, per stallo della procedura.

Come nel caso in cui il creditore non effettui gli avvisi ex art. 498 o 599 del codice di procedura civile, mancando la fonte normativa di tali estinzioni.

Contestualmente all’ordinanza di estinzione del processo esecutivo il giudice dell’esecuzione ordina alla conservatoria la cancellazione della trascrizione del pignoramento.

Ma il creditore con lo stesso titolo può iniziare una nuova azione esecutiva, salvo che il titolo non sia stato dichiarato nullo, o annullabile in sede di impugnazione.

Se l’estinzione avviene dopo l’aggiudicazione,  il trasferimento di proprietà si considera comunque avvenuto a favore dell’aggiudicatario e il debitore ha diritto solo al ricavato a lui distribuito.

La Suprema Corte ha, infatti, stabilito con sentenza n. 25507 del 30 novembre 2006 un importante principio di  diritto per le case all’asta e l’estinzione del procedimento esecutivo.

In caso di aggiudicazione, se nel periodo intercorrente tra la medesima e il decreto di trasferimento, interviene la rinuncia di tutti i creditori, l’acquisto non perde la sua efficacia per l’indifferenza dell’aggiudicazione provvisoria e dell’assegnazione all’estinzione.

Pubblicato dall’Avvocato Gianluca Sposato sul quotidiano nazionale Messaggero, per appuntamenti e consulenza telefonica, costi e modalità di prenotazione nell’area Assistenza Legale24h

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Le sentenze della Cassazione e le alienazioni anteriori al pignoramento

Pubblicato su Il Messaggero il 30 maggio 2010.

Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, sebbene anteriori…

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