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Risarcimento del Danno

Diritto delle assicurazioni

Diritto delle assicurazioni

Migliore Avvocato Diritto Assicurazioni.

L’Avvocato Gianluca Sposato nel 2022 è stato eletto migliore avvocato dell’anno nel diritto delle assicurazioni dalla più grande comunità legale internazionale per le sue capacità ed esperienza nel risarcimento di gravi incidenti e incidenti mortali.

“Esperto in risarcimento danni per gravi incidenti, il professionista si distingue anche per la sua attività istituzionale. E’ considerato un faro nell’ambito di questa attività”.
Link: legalcommunity-italian-awards-2022-i-vincitori.

Cosa è il diritto delle assicurazioni?

Il diritto delle assicurazioni rientra nell’ambito delle obbligazioni e ricomprende tutti i casi relativi all’esame e allo studio di contratti e polizze assicurative.

Il diritto delle assicurazioni è, dunque, quel ramo del diritto civile che, per quanto concerne la responsabilità civile in ambito contrattuale, riguarda i rapporti tra contraente assicurato ed assicuratore.

In tutti i casi di inadempimento dell’ente assicuratore, a fronte del pagamento di un premio da parte dell’assicurato, si rende necessario esaminare il contratto assicurativo con le relative clausole e franchigie al fine di verificare l’operatività o meno della polizza.

Cosa rientra nel diritto delle assicurazioni?

La RCA responsabilità civile auto, obbligatoria per legge (che rimanda al codice delle assicurazioni private per una conoscenza più tecnica e specifica in tema di danni da circolazione stradale) e qualsiasi polizza assicurativa, sia in ambito domestico,  condominiale, che professionale, come polizza vita, polizza malattia, polizza infortunio, polizza fabbricato,  etc.

Caratteristica del contratto di assicurazione è il pagamento di un premio a fronte di un rischio assicurato, al verificarsi del quale l’assicuratore è tenuto ad adempiere, a termini di polizza, a meno di particolari esclusioni che siano tassativamente indicate.

Di cosa si occupa l’avvocato esperto in diritto delle assicurazioni?

L’avvocato che si occupa di diritto assicurativo tutela il cliente assicurato che si è  visto rifiutare il pagamento del premio, o dell’indennizzo previsto a termini di polizza, per inadempimento da parte dell’assicurazione.

L’esame e lo studio del contratto di assicurazione permette di fornire risposta all’assicurato sulla operatività, o meno, delle garanzie per mancanza di clausole espresse applicabili, o franchigie ( limiti entro i quali la polizza non opera ).

Avvocato Gianluca Sposato esperto in diritto  assicurativo

L’Avvocato Gianluca Sposato ha iniziato la sua carriera nel 1997 come legale fiduciario della compagnia assicurativa Nuova Tirrena SpA per cause relative ad inadempimento contrattuale relative a polizza assicurativa ramo responsabilità civile automobilistica.

Nel 2004, ha fondato l’ADISM Associazione Difesa Infortunati Stradali, di cui è Presidente, ricevendo l’apprezzamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il fattivo contributo rivolto a tutelare i diritti dei soggetti rimasti danneggiati da gravi incidenti stradali ed i familiari delle vittime della strada, che difende per il risarcimento dei danni subiti.

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Risarcimento del Danno

Danno tanatologico

Danno tanatologico

danno tanatologico

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Cosa è il danno tanatologico?

Quando una persona viene uccisa i familiari hanno diritto al risarcimento del danno per la morte del loro congiunto, per il fatto illecito che è stato compiuto.

Il danno tanatologico, o danno da morte, è il danno connesso alla perdita della vita, dovuto ai familiari di chi è vittima del reato di omicidio.

Il risarcimento del danno da morte, nel nostro ordinamento giuridico, svolge una funzione compensativa ed è un danno riflesso con i connotati del danno morale e danno esistenziale.

A tal uopo bisogna distinguere il danno patito direttamente dagli eredi del defunto  per la privazione del rapporto affettivo, danno di tipo morale,  che è un danno iure proprio.

Al danno iure proprio può sommarsi il danno iure hereditatis, ovvero quello  acquisito dalla vittima nel caso di sua lucida agonia prima del decesso ed il danno  biologico, ove la sofferenza abbia causato una lesione permanente.

La funzione riparatoria risponde alla norma dell‘articolo 2043 del codice civile, per cui chiunque cagiona ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo.

Il danno subito dai familiari della vittima del reato si concreta non solo nella privazione del rapporto affettivo con il proprio congiunto, ma nel caso di lucida agonia, si trasmette agli eredi anche il danno patito dalla vittima. 

Il danno da morte iure herediario per essere riconosciuto ai familiari è subordinato alla prova della lucida agonia, che incide anche sulla misura del risarcimento.

Quando spetta il danno da morte?

Si ha diritto al risarcimento del danno da morte in presenza di un fatto illecito.

II fatto illecito che determina nei parenti della vittima il diritto al risarcimento per il danno da morte è costituito dal reato di omicidio, che può trarre origine da diverse ipotesi.

Si pensi all’errore medico che ha causato il decesso del paziente per responsabilità civile medica e al caso, purtroppo assai frequente, di omicidio stradale.

Il danno tanatologico è un danno non patrimoniale per la morte di un familiare e la perdita del rapporto parentale, che la giurisprudenza configura come danno-conseguenza e non come danno-evento.

Questo significa che il danno tanatologico non spetta automaticamente ai familiari, sul solo presupposto del rapporto di parentela, ma è subordinato alla prova della privazione del legame affettivo con la vittima del reato.

In caso di incidente stradale mortale gli importi da liquidare agli eredi seguono i criteri ed i parametri adottati dalla Tabelle del Danno da Morte dei tribunali di Roma e di Milano.

Come provare il danno da morte?

L’articolo 2059 del codice civile non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva del danno non patrimoniale per l’uccisione del congiunto, ma consente la riparazione dei danni non patrimoniali nei casi determinati dalla legge.

Ciò sul presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’articolo 2043 del  codice civile, norma cardine in tema di responsabilità civile.

Le argomentazioni fatte proprie dalla dottrina che è propensa a riconoscere la autonoma risarcibilità del danno da perdita della vita, sono essenzialmente le seguenti:

  1. il diritto alla vita, in quanto fondamentale ed imprescindibile diritto dell’uomo, necessita di adeguata tutela
  2. negare la risarcibilità del danno tanatologico porta a concludere che, dal punto di vista del danneggiante, è più conveniente uccidere che ferire
  3. la tutela risarcitoria è la tutela minima riconosciuta a qualunque diritto, pertanto, va a maggior ragione riconosciuta al supremo ed inviolabile diritto alla vita.

Un sistema che riconosce rilevanza a lesioni di lieve entità del diritto alla salute e nega tutela alla lesione del diritto alla vita produce irragionevoli storture ed iniquità.

Dunque, per provare il danno tanatologico occorre provare la sofferenza per la privazione del legame affettivo con il proprio familiare ucciso.

Tale prova può essere desunta anche presuntivamente in base all’intensità del legame affettivo, come nel caso di marito e moglie, madre e figlio, padre e figlio.

Risarcimento del danno da morte

Per quanto si ponga in contrasto con il comune sentire, per la Cassazione la mera relazione di consanguineità non è da sola sufficiente ad integrare il danno risarcibile.

Grava sui congiunti l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto (Cassazione, Sezione III, n. 12200/2019).

Tale principio si pone in contrasto con quanto stabilito dall’articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo.

La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Né è possibile deprezzare la vita umana, con elaborazioni dottrinali ed “escamotages” giurisprudenziali al fine di non corrispondere alcun risarcimento ai familiari superstiti.

Si pensi ai nonni che vengono privati dell’affetto dei nipoti, o ai fratelli che vivono in città diverse.

Si tratta di circostanze che testimoniano la necessità di ammettere la diretta risarcibilità del bene vita in favore di chi l’ha perduta in conseguenza del fatto illecito.

Avvocato per danno da morte

Il fatto che non sia scontato ottenere giustizia riparatoria, tanto in sede penale per l’accertamento del reato, quanto in sede civile per il risarcimento del danno, impone di avvalersi di un avvocato esperto in danno da morte.

Il danno da perdita parentale passa attraverso tecnicismi che richiedono competenza specifica nel ramo del diritto civile, in particolare della responsabilità civile per il risarcimento agli eredi del danno da morte.

Basti pensare alla distinzione tra il danno da perdita parentale, in quanto danno riflesso e l’eventuale danno biologico autonomo che la perdita, o lesione, abbia ulteriormente cagionato al danneggiato.

Infatti la morte di un prossimo congiunto può causare nei familiari superstiti, oltre al danno parentale, consistente nella perdita del rapporto e nella sofferenza soggettiva correlata, anche un danno biologico, in presenza di effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica accertata.

Invece deve escludersi che possano essere liquidati sia il danno da perdita del
rapporto parentale che il danno esistenziale, poiché il primo già comprende lo
sconvolgimento dell’esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca.

L’Avvocato Gianluca Sposato, è tra i massimi esperti a livello nazionale per danno da morte, forte di una esperienza ultratrentennale per il risarcimento del danno tanatologico e presta assistenza legale ai fini risarcitori in tutta Italia.

 

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Risarcimento del Danno

Danno patrimoniale

Danno patrimoniale

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Cosa è il danno patrimoniale?

Il danno patrimoniale consiste nella lesione di un interesse patrimoniale da cui scaturisce un danno risarcibile.

All’interno di questa categoria bisogna distinguere due distinte ipotesi di risarcimento danni e, dunque, due tipologie di danno patrimoniale:

  1. il danno emergente” valutabile in termini di diminuzione del patrimonio 
  2. il “lucro cessante” apprezzabile in termini di mancato guadagno determinato dal fatto dannoso.

Pertanto  il danno risarcibile attiene esclusivamente alla sfera economica del danneggiato, a differenza del danno non patrimoniale.

Quest’ultimo include, invece, tutti i pregiudizi non immediatamente quantificabili economicamente, quali la sofferenza interiore, l’invalidità fisica e psichica, il peggioramento della qualità della vita.

Quando spetta il danno patrimoniale?

Il danno al patrimonio del danneggiato viene comunemente definito come atipico.

Ciò sul presupposto del principio generale dettato dall’articolo 2043 del codice civile, essendo sufficiente per il suo risarcimento un danno ingiusto, ovvero la lesione di un diritto, o di un interesse protetto.

Il primo problema da affrontare in tema di risarcimento del danno riguarda sempre il nesso di causalità, ovvero il rapporto di causa ed effetto tra evento e danno.

I danni, ai sensi dell’articolo 1223 del codice civile, sono risarcibili se costituiscono la conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento verificatosi.

Pertanto il danneggiato è tenuto a fornire la prova sia del fatto storico che dell’entità del danno patrimoniale lamentato.

In relazione alla prova del danno patrimoniale, la legge consente il ricorso alle presunzioni semplici ai sensi dell’ articolo 2727 del codice civile, potendo il giudice trarre conseguenze dal fatto noto per risalire a fatto ignoto.

Il danno emergente, risarcimento per equivalente e in forma specifica

Il danno emergente è il danno che comporta una immediata diminuzione del patrimonio del soggetto leso.

Esistono due tipologie di risarcimento del danno emergente:

  1. il risarcimento per equivalente
  2. il risarcimento in forma specifica

Il risarcimento per equivalente consiste nell’attribuzione al danneggiato di una somma di danaro.

La finalità è quella di compensare il valore del bene distrutto, senza, però, ripristinare la situazione antecedente all’accadimento.

Il risarcimento in forma specifica, invece, è il mezzo attraverso il quale il danneggiato ottiene la reintegra del bene distrutto, o della situazione giuridica lesa.

In tal modo la finalità è quella che venga ripristinata la situazione preesistente all’atto illecito.

Il lucro cessante e l’equo apprezzamento 

Il lucro cessante è il guadagno che il soggetto colpito dall’illecito avrebbe potuto conseguire e che, invece, a causa dell’evento dannoso sofferto, non ha potuto realizzare.

Ai sensi dell’articolo 2056 secondo comma del codice civile il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.

La quantificazione del mancato guadagno, infatti, non può essere accertata, differentemente da quella relativa al danno emergente.

Tuttavia, il danno da lucro cessante, per consolidato orientamento  giurisprudenziale (Cassazione civile n. 10750/2020) è risarcibile anche su prova indiziaria, non necessitando necessariamente di una prova documentale.

Questo significa che il lucro cessante deve essere risarcito quando il creditore avrebbe conseguito un vantaggio se l’illecito non fosse stato commesso, sulla base della proiezione di situazioni già esistenti, che possono fornire prova indiziaria.

Come provare il danno patrimoniale?

Il danno al patrimonio deve essere provato attraverso documentazione che comprovi il mancato guadagno e/o la riduzione della capacità lavorativa.

Nel caso di menomazione della capacità lavorativa la dichiarazione dei redditi del danneggiato costituisce il parametro di riferimento per il relativo computo.

Per questo motivo il giudice, solo dopo che il danneggiato ha provato l’esistenza del danno emergente, può valutare con equo apprezzamento l’entità del lucro cessante.

Ossia del così definito mancato guadagno e, quindi, conferirgli un valore economico, in via del tutto equitativa, o sulla scorta di calcoli predeterminati.

Se da un lato la documentazione prodotta da chi ha avuto un danno risulta fondamentale per determinare l’entità del danno emergente, maggiori problemi  sorgono per il  lucro cessante.

Il ricorso alle presunzioni legali per il mancato guadagno che l’evento lesivo ha causato, deve essere sempre supportato da attività probatoria che consenta di potere risalire dal fatto noto al fatto ignorato.

Calcolo danno patrimoniale

Il calcolo del danno patrimoniale è un’operazione complessa, in considerazione di tutte le sue componenti e variabili.

Se pensiamo a chi ha perso la capacità di guadagno è inevitabile considerare che il danneggiato lavorando di meno, guadagna di meno e versa meno contributi pensionistici.

Con la conseguenza che, se andrà in pensione, avrà un trattamento pensionistico minore rispetto a quello di cui avrebbe beneficiato se avesse conservata integra la sua capacità di guadagno.

Il calcolo del danno patrimoniale per la menomazione della capacità lavorativa tiene conto di tre parametri:

  • Il danno biologico, ovvero l’incidenza del danno biologico sulla capacità di produrre reddito, dunque si tiene conto del punteggio di invalidità permanente che incide sulla capacità lavorativa.
  • L’età del danneggiato e, di conseguenza, la durata del periodo di menomazione della capacità di produrre reddito.
  • Il reddito del danneggiato precedente all’evento lesivo, da prendere come riferimento o, in mancanza, il triplo della pensione sociale.

Per il calcolo del danno patrimoniale si moltiplica il reddito del danneggiato per il coefficiente di capitalizzazione per il punteggio di invalidità permanente che incide sulla capacità di produrre reddito.

Avvocato per risarcimento del danno patrimoniale

Dati i tecnicismi e le difficoltà di provare il danno patrimoniale, soprattutto nel caso  del lucro cessanteperdita di chances, per chi ha avuto un grave danno finanziario la scelta dell’Avvocato è fondamentale.

L’Avvocato esperto in danno patrimoniale, oltre ad essere specializzato nella materia della responsabilità civile e del risarcimento del danno, ha capacità di analisi finanziaria e revisione contabile.

L’Avvocato Gianluca Sposato è rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati e Revisore dei Conti dell’ISLE Istituto per la Documentazione e gli Studi Legislativi, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

E’ considerato tra i massimi esperti in ambito nazionale per il risarcimento del danno alla persona, in tutte le sue componenti patrimoniali, non patrimoniali e segue personalmente solo casi rilevanti in tutta Italia.

 

 

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Risarcimento del Danno

Danno non patrimoniale

Danno non patrimoniale

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Cos’è il danno non patrimoniale?

Il danno non patrimoniale consiste nella violazione di diritti della persona costituzionalmente garantiti, non suscettibili di valutazione economica, causati da un fatto illecito.

Viene qualificato dal legislatore come danno tipico perché, in base all’articolo 2059 del codice civile, può essere risarcito solo nei casi previsti dalla legge.

La fattispecie è diversa da quella di cui all’articolo 2043 del codice civile che obbliga chiunque procura ad altri un danno ingiusto a risarcirlo.

I pregiudizi di tipo non patrimoniale possono essere di natura contrattuale, o extracontrattuale.

Dallo stesso evento dannoso possono scaturire danni patrimoniali e danni non patrimoniali.

Come nei sinistri stradali, con danni all’autovettura e lesioni che, tra l’altro, possono ridurre anche la capacità di guadagno.  

Danno non patrimoniale e diritti costituzionalmente garantiti

Il danno non patrimoniale identifica pregiudizi che derivano dalla lesione dei diritti della persona costituzionalmente garantiti, che non hanno immediato rilievo economico.

Il danno morale, quale turbamento transeunte dello stato d’animo, non troverebbe tutela costituzionale, non identificandosi con il diritto alla salute, pur essendone una componente.

Il danno biologico, la lesione psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che incide nel quotidiano e sulle relazioni, fonda le radici nell’articolo 32 della Costituzione.

Il danno esistenziale compromette la possibilità di svolgere le attività che realizzano la persona umana ed è garantito dall’articolo 2 della Costituzione.

Il riconoscimento costituzionale di tali diritti esige la tutela, tra gli altri, oltre che del diritto alla salute, del diritto all’onore e alla reputazione.

Diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti sono anche la libertà di stampa, di associazione e di circolazione.

Il diritto all’intangibilità della sfera affettiva in ambito familiare, con conseguente risarcibilità del danno non patrimoniale sofferto a seguito della morte di un congiunto. 

Danno non patrimoniale e danno biologico

Il danno biologico e quello dinamico-relazionale costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e, pertanto, sono tutti danni risarcibili.

All’attuale nozione di danno non patrimoniale risultano riconducibili il cosiddetto danno biologico, il danno morale, e il cosiddetto danno esistenziale.

Il danno biologico trova fondamento nell’articolo 32 della Costituzione, che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e garantisce cure gratuite agli indigenti.  

Il danno morale, che consiste nella sofferenza causata da un illecito, non può non assurgere al medesimo rango, se solo pensiamo al danno tanatologico.

Vi è, poi, il danno dinamico relazionale, come compromissione della dimensione esistenziale della persona, che per alcuni godrebbe di una propria autonomia.

Pregiudizio derivante dal peggioramento della qualità di vita, o necessità di adottare uno stile differente rispetto al passato, non necessariamente legato al danno biologico.

Il danno dinamico relazionale, in ogni caso, deve reputarsi risarcibile soltanto qualora sia accertata la lesione di un diritto inviolabile.

Lesione tale da dare luogo, comunque, a una ingiustizia costituzionalmente qualificata, fondata sull’articolo 2 della Costituzione.

Il risarcimento del danno non patrimoniale

Il pregiudizio non patrimoniale si identifica con la perdita di utilità non suscettibile di immediata valutazione economica.

Per cui il risarcimento del danno avviene, necessariamente, con giudizio equitativo.

Il risarcimento, in caso di lesioni, deve essere integrale, tenendo conto degli interessi costituzionalmente protetti.

La riparazione svolge una funzione sanzionatoria e satisfattiva e riguarda il danno biologico, all’interno del quale è ricompreso il danno morale e il danno esistenziale.

Oggetto del danno non è l’esatta compensazione di un valore monetario relativo alla perdita economica subita, non potendo attribuirsi al danno all’immagine, o alla salute.

Il risarcimento, dunque, adempie a una sorta di reintegrazione che soddisfa una perdita valutabile economicamente soltanto in via equitativa da parte del giudice. 

Calcolo del danno non patrimoniale

Il calcolo del danno non patrimoniale deve tenere conto della sintesi descrittiva dei molteplici aspetti che assume l’unitaria categoria dei pregiudizi non patrimoniali.

Tale determinazione per il calcolo del danno dà luogo, poi, ad i più accesi dibattiti e contrasti giurisprudenziali, sulla scorta di tecnicismi ed alternanza di orientamenti.

Innanzi tutto, la liquidazione del danno deve avvenire solo nei casi previsti dalla legge, come stabilisce l’articolo 2059 del codice civile.

In secondo luogo, ai fini del risarcimento, deve trattarsi di diritti inviolabili dell’individuo, che trovino tutela costituzionale.

Infine, la liquidazione del danno non patrimoniale deve avvenire in via equitativa, ovvero per equivalente, non trattandosi di danno patrimoniale. 

Ciò, anche in ipotesi di responsabilità da inadempimento della prestazione, di cui all’articolo 1218 del codice civile, relativamente alla risarcibilità del danno non patrimoniale contrattuale.

La condanna al risarcimento del danno non può, in ogni caso, mai prescindere dall’accertamento della gravità della lesione di un diritto della persona costituzionalmente garantito.

Il calcolo del danno non patrimoniale quando è relativo alla menomazione dell’integrità psico fisica della persona avviene con la Tabella del danno biologico.

 

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Risarcimento del Danno

Danno morale

Danno morale

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Cos’è il danno morale?

Il danno morale è definito dalla giurisprudenza come “l’ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato, o anche nel patema d’animo, o stato d’angoscia transeunte generato dall’illecito” (Cass. n. 10393/2002).

Non tutti i soggetti danneggiati possono chiedere il risarcimento danni morali, essendo sottoposto a limiti molto stringenti quali la prova della sofferenza.

Infatti difficilmente i giudici lo concedono a priori, senza cioè la prova di un pregiudizio serio che si è subito, a meno che non si tratti di lesioni gravi o gravissime.

In altri termini i danni morali scattano solo quando l’illecito è particolarmente grave e compromette dei diritti fondamentali della persona che sono  costituzionalmente garantiti.

Il risarcimento dei danni morali avviene se c’è prova del danno e se la lesione riguarda un diritto costituzionale, o un bene fondamentale della persona come  la salute, la riservatezza, la reputazione.

Come provare il danno morale?

Il pregiudizio di tipo morale oggi, per giurisprudenza costante, viene largamente inteso come la sofferenza interiore dell’individuo, il dolore provato a causa di un fatto illecito subìto. 

Si pensi al caso dell’incidente stradale a pedone che abbia riportato delle lesioni fisiche gravissime con la perdita funzionale dell’uso delle gambe, per cui sia rimasto in sedia a rotelle, o agli incidenti sul lavoro.

In casi di particolare gravità ed evidenza è possibile ricorrere alle presunzioni legali per attestare l’esistenza dei danni morali, ovvero della sofferenza patita per il fatto illecito.

Per avere diritto al risarcimento dei danni morali, che secondo la giurisprudenza più recente ha una sua propria autonomia, è opportuno sempre documentare i patemi subiti.

Quando viene risarcito il danno morale?

Il danno morale viene risarcito in presenza di dolore e sofferenza causati al danneggiato da un fatto illecito.

Nella categoria più ampia del danno biologico, inteso quale menomazione dell’integrità  fisio-psichica della persona, sono ricomprese anche le degenerazioni psichiche.

Tali degenerazioni, ravvisabili non solo nell’umore depresso ma in una alterazione mentale che genera dolore rientrano nel danno morale soggettivo, o danno biologico dinamico.

Il pregiudizio di tipo morale spetta in tutti i casi in cui vi sia la lesione di un interesse costituzionalmente garantito, come nel caso del diritto alla salute, o violazione di un diritto fondamentale dell’essere umano.

Il danno morale subiettivo puro viene inteso come sofferenza psichica in sé per sé considerata, che non degenerata in patologia, a prescindere dalla sua durata.

Il calcolo del danno morale avviene in misura percentuale sul danno biologico.

La liquidazione avviene senza alcun automatismo.

Occorre considerare le particolarità del caso concreto, effettuando la necessaria “personalizzazione del danno”, apportando gli eventuali correttivi in aumento, o in diminuzione ( Cass. Civ. n. 15001/2004 ).

In che misura viene risarcito il danno morale?

L’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni stabilisce al fine di considerare la componente del danno morale da lesione all’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico.

Il danno morale viene risarcito in una frazione percentuale sull’invalidità permanente accertata in misura variabile da un quarto fino alla metà del danno biologico e, in casi particolarmente gravi, anche oltre.

Ai fini della liquidazione di tale pregiudizio si deve essere in presenza di un fatto illecito e della violazione di un diritto costituzionalmente garantito.

Come per esempio il diritto alla salute, riconosciuto dall’articolo 32 della Costituzione, che la Repubblica tutela come fondamentale diritto dell’individuo.

Il pregiudizio di tipo morale viene risarcito in via equitativa dal giudice, nel senso che è rimesso al suo prudente apprezzamento in relazione alla situazione concreta.

Naturalmente il giudice potrà fare ricorso anche a presunzioni legali per il relativo riconoscimento ed risarcimento dei danni morali.

Atteso che risulta di particolare difficoltà, oltre che evidenzia limiti di incostituzionalità, la prova dei propri sentimenti o del dolore subito per l’uccisione di un familiare.

A riguardo si rimanda al paragrafo inerente il risarcimento agli eredi per il danno da morte e al danno tanatologico.

Una volta provato tale turbamento dello stato d’animo a mezzo indagini medico legali, supportati dalla prova testimoniale, la liquidazione avviene a discrezionalità del giudice sulla base di parametri equitativi in rapporto all’entità del danno biologico riscontrato.

Danno morale per la morte di un congiunto

Il danno per la morte di un congiunto è il danno non patrimoniale “iure proprio” direttamente patito dai familiari per l’uccisione del proprio caro.

Si distingue dal danno “iure hereditario”, patito direttamente dal soggetto deceduto dopo una lucida agonia.

Il risarcimento del danno non patrimoniale per l’uccisione di un congiunto consiste nella definitiva perdita del rapporto parentale.

Tale danno costituisce un pregiudizio di tipo morale, riscontrabile nella sofferenza a causa della morte di un familiare per fatto illecito che sconfina nell’area del danno esistenziale.

Il danno per la perdita di un congiunto si colloca nell’area dell’art. 2059 del codice civile, prevedendo che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi stabiliti dalla legge.

La norma, pertanto, non apre la via ad un risarcimento di natura economica laddove la lesione, ovvero il danno, derivi da violazione dell’ articolo 2043 del codice civile.

Ciò perché gli interesse fatti valere sono quelli, costituzionalmente protetti, all’intangibilità della sfera degli affetti, alla reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia ed alla libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona ( artt. 2, 29 e 30 Cost.).

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Risarcimento del Danno

Danno esistenziale

Danno esistenziale

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Cos’è il danno esistenziale? 

Il danno esistenziale è il danno arrecato all’esistenza di una persona a seguito di un fatto illecito, quel danno che si traduce in un peggioramento della qualità della vita, pur non essendo inquadrabile nel danno alla salute.

Viene, pertanto, interpretato come un tertium genus all’interno della responsabilità civile.

Quale insieme ben distinto sia dal tronco del danno patrimoniale, sia da quello del danno morale.

Dunque: una realtà incentrata sul “fare non reddituale” della persona, tale da sconvolgere le sue abitudini di vita, incidendo nella normale estrinsecazione della sua personalità.

Su questa posta di danno, ovvero su tale ulteriore richiesta di liquidazione del danno la giurisprudenza si è mossa molto timidamente.

Dopo le sentenze gemelle di San Martino, che hanno enunciato il principio per cui il danno deve essere risarcito nella sua interezza, ma senza duplicazioni risarcitorie, è raro che i giudici tendano a liquidarlo se si tratta di lesioni lievi, se non in presenza di prove inconfutabili e rigorose.

Le 4 sentenze gemelle n. 26972-26973-26974-26975 delle Sezioni Unite dell’11 novembre 2008, chiamate a dirimere il contrasto sul danno esistenziale hanno confermato e consolidato quanto espresso nel 2003 dalla Suprema Corte con le sentenze 7281, 7283, 8827 e 8828.

Principi confermati dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 233, che ha delineato un quadro ermeneutico a fronte del quale ha assunto particolare rilievo la categoria descrittiva dei pregiudizi esistenziali.

Quando si ha il danno esistenziale?

Il danno esistenziale si ha in tutti quei casi in cui la vita di un individuo è stata stravolta o, comunque, ha subìto radicali cambiamenti in peggio nella sua vita di relazione a seguito di un fatto illecito. 

La Cassazione ha affermato che “il riferimento a determinati tipi di pregiudizio in vario modo denominati, risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il  riconoscimento di distinte categorie di danno”.

In tal modo ha confermato il principio secondo il quale il danno non patrimoniale non è suscettibile di suddivisione in categorie variamente etichettate, riconoscendo al danno biologico portata tendenzialmente omni-comprensiva.

Il nodo da sciogliere rimane il criterio che il giudice deve adottare per la liquidazione del danno dinamico relazionale.

Dovendosi “procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”. 

Il danno esistenziale incide nella vita di relazione del danneggiato che, per esempio, accusi distimia, umore depresso, disturbi del sonno.

Si è in presenza di un  danno  esistenziale quando il danneggiato non può più avere rapporti intimi con il proprio partner, non è in grado di praticare attività sportive cui  prima dedicava il proprio tempo, ricreative, o ludiche a causa dei danni subìti.

Tutti questi aspetti sono compresi nella definizione del danno esistenziale che devono essere non soltanto provati, ma documentati dal danneggiato che intende richiedere anche tale posta del danno non patrimoniale.

Come si calcola il danno esistenziale?

Nel corso di una costante evoluzione giurisprudenziale oggi al danno esistenziale si è data una nuova connotazione e si preferisce parlare di danno dinamico relazionale.

Circa la relativa quantificazione e, dunque, il criterio di calcolo del danno  esistenziale, vale in linea di massima il discorso relativo al danno morale.

Il calcolo del danno esistenziale rientra nella quantificazione nella ormai comune personalizzazione del danno operata dai giudici la cui forbice è molto ristretta.

Con liquidazione di importi spesso, purtroppo, irrisori rispetto alla gravità dei danni subiti, se non assistiti da un avvocato specializzato in risarcimento danni.

Con la personalizzazione del danno si tende ad incrementare il punto base del danno  biologico in misura percentuale variabile a seconda della gravità delle lesioni riportate.

In altre parole, con la personalizzazione del danno si aumenta l’entità del risarcimento del solo danno biologico fino ad un massimo del 45 % nei casi più gravi e complessi. 

Come provare il danno esistenziale?

La definizione del danno esistenziale accolta dalle Sezioni Unite è quella di danno provocato al fare a reddituale” della persona.

Una tipologia di danno, dunque, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.

Il danno dinamico relazionale si eleva al rango di quella tipologia di pregiudizi che attengono alla dignità della persona e che sono risarcibili in virtù degli  articoli 1, 2, 4 e 35 della Costituzione.

Il danno esistenziale deve essere sempre supportato da prova documentale per avere ragionevole certezza di potere essere liquidato dal giudice, o in via stragiudiziale, all’esito di trattativa con l’assicurazione nel caso di incidente stradale.

Alla prova documentale, segue la prova testimoniale che può essere ammessa nel  corso, per esempio, di un giudizio per responsabilità civile medica o di incidente con feriti, in assenza di capitoli di prova generici, ininfluenti od inammissibili.

I testimoni, che conoscono bene le abitudini del danneggiato, potranno confermare il cambiamento in peggio della vita di relazione di chi reclama, a seguito di un fatto illecito, di  avere riportato danni con ripercussioni nella sua sfera sociale.

Si pensi anche al caso dell’ ingiusta detenzione.     

Risarcimento del danno esistenziale

La Suprema Corte ha affermato che “il pregiudizio di tipo esistenziale è risarcibile entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno”.

In tal modo ha espresso con chiarezza il principio secondo cui tali pregiudizi sono risarcibili quando derivano, anche al di fuori dei casi previsti dalla legge, dalla violazione di un diritto costituzionalmente garantito della persona.

Il risarcimento del danno esistenziale non è necessariamente legato al danno biologico, avendo una sua propria autonomia ed essendo, a volte, sottile e difficile distinguere il confine con il danno morale.

Si pensi al caso di un incidente stradale mortale in cui si ritiene che ai familiari della vittima vadano, senz’altro, ristorati anche gli aspetti relazionali propri del  danno da perdita del rapporto parentale  inteso come danno esistenziale.

In questi casi, quando si è in presenza di un danno esistenziale rilevante, è fondamentale la scelta di un avvocato civilista che conosca bene la materia della responsabilità civile.

Ciò al fine di potere inquadrare correttamente il caso e ricostruirne la vicenda ai fini risarcitori, senza vedere pregiudicati i propri diritti ad ottenere giustizia.

Il danno esistenziale per morte di un familiare

Rispetto al modello delineato dalla Cassazione, il danno esistenziale, che guarda unicamente al cambiamento in negativo del facere, finisce per elevare ad essenza del risarcimento solo la tecnica attraverso cui nel danno alla salute si procede alla personalizzazione del quantum.

Secondo tale prospettiva il danno del genitore che abbia perso un figlio in un incidente stradale dovrebbe misurarsi esclusivamente sul cambiamento della sua esistenza.

Con il rischio che, ove il danneggiato continui a svolgere la precedente grigia esistenza con il mero fardello del lutto, potrebbe ottenere un risarcimento inferiore rispetto al danneggiato vittima di ingiurie che riesca a provare il sacrificio di una precedente e sfavillante vita sociale e relazionale.

Così facendo viola, però, l’esigenza di rispettare la pari dignità dei danneggiati e il principio di uguaglianza formale e fa regredire il sistema alla vecchia logica del danno alla vita di relazione, specchio indiretto del patrimonio del danneggiato.

Che nello sconvolgimento della vita famigliare vi sia un peggioramento oggettivo  dell’esistenza dei soggetti coinvolti è nozione dell’ “id qod plerumque accidit”.

Tuttavia se il pregiudizio esistenziale, non viene documentato non potrà venir concesso.

In quanto non si tratta di danno “in re ipsa” né,  sia mai, di danno evento, bensì di danno conseguenza, che allegato può essere provato anche per presunzione, salva la prova contraria, o salvo una prova di una maggior consistenza rispetto alla normalità. 

 

 

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Danno da perdita parentale

Danno da perdita parentale

danno tanatologico

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Il danno da perdita parentale spetta ai familiari della vittima per lo sconvolgimento dell’esistenza dovuto all’uccisione del loro caro.

Cos’è il danno da perdita parentale?

Il danno da perdita parentale è un danno non patrimoniale “iure proprio” che spetta ai familiari della vittima, per l’uccisione del loro caro.

Si concreta nello sconvolgimento dell’esistenza rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita conseguenti al decesso del congiunto.

Il danno che subiscono i familiari per l’uccisione di una persona è rappresentato dal vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto della persona cara che è venuta meno.

Nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti familiari.

Risarcimento del danno agli eredi a seguito di un fatto illecito

Per il risarcimento del danno da perdita della vita conseguente alle lesioni derivanti da fatto illecito la Cassazione dice che non è possibile risarcire il danno evento, neanche in via eccezionale.

Tale orientamento si rivela non garantista per i familiari  di  chi perde la vita in un incidente stradale mortale ritendendo non dovuta “in re ipsa” la riparazione del danno in capo agli eredi per fatto illecito altrui.

La risarcibilità del danno conseguenza viene richiamata dall’art. 1223 c.c. laddove si parla di “conseguenza immediata e diretta”.

Quando spetta il danno da perdita parentale? 

Quando la vittima muore in un omicidio stradale l’evento mortale coincide con la conseguenza quale la perdita della vita e, dunque, danno evento e danno conseguenza si fondono e coincidono.

La Suprema Corte afferma che che il risarcimento alle vittime della strada, essendo danno conseguenza, non coincide con la lesione dell’interesse e come tale deve essere allegato e provato per essere concesso.

Così anche il  risarcimento per la morte di un figlio in un incidente stradale  deve avvenire in base a valutazione equitativa che tenga conto dell’intensità del vincolo familiare, della convivenza e di ogni altra ulteriore circostanza allegata ( Cass. Civ. n. 1431/2012 ).

Il danno da morte deve essere provato?

Anche quando il danno non patrimoniale  ha determinato la lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato.

Per la giurisprudenza di legittimità, infatti, non può condividersi la tesi che trattasi di danno “in re ipsa”  ovvero  dovuto sul solo presupposto del vincolo di parentela.

Danno iure proprio e iure hereditario 

Assumiamo che un illecito abbia provocato la morte di un individuo.

La legittimazione ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale direttamente subito per effetto della morte può essere accordata iure proprio ai congiunti del defunto.

Si esclude, invece, che gli eredi possano ottenere iure hereditario il risarcimento del pregiudizio subito dal de cuius in conseguenza del decesso.

La sentenza “Scarano”, in assoluta controtendenza, ha ammesso la risarcibilità iure hereditario del danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito.

Ferma restando la risarcibilità iure proprio del danno subito dai congiunti, ovvero del danno tanatologico,  conseguente alla morte, i pregiudizi subiti dalla vittima suscettibili di essere risarciti iure hereditario sono:

  1. il danno catastrofale, o danno conseguente alla sofferenza subita dalla vittima dal momento della lesione a quello della morte (purché la vittima abbia percepito l’imminenza del decesso);
  2. il danno biologico terminale, o danno conseguente al deterioramento della salute della vittima dal momento della lesione a quello della morte (essendo tuttavia necessario che tale intervallo abbia una durata apprezzabile – di qui, l’appellativo di «cronometrico»).

Danno  conseguenza e danno evento

Vi è una evidente e drammatica contraddizione nell’elaborazione della teoria del danno conseguenza rispetto a quella garantista del danno evento.

Se pensiamo che debba esser provato, ma venga, poi, riconosciuto ed attribuito anche al nascituro in assenza di una sofferenza rilevabile al moment dell’illecito, ma presumibilmente verificantesi in seguito (Cass. n. 9700/2011).

Con la sentenza n. 4146/2019 la Cassazione si è pronunciata nuovamente sulla questione della risarcibilità del danno tanatologico.

Questo è il danno di natura non patrimoniale ex art. 2059 c.c. derivante dalla sofferenza patita dal soggetto prima della morte, a causa di un fatto illecito di un terzo.

Per le Sezioni Unite se la morte è immediata o segue alle lesioni entro brevissimo tempo, non sussiste diritto al risarcimento del danno.

E’ necessaria, secondo la giurisprudenza, la sopravvivenza del soggetto per un lasso di tempo apprezzabile, oppure che, pur intervenendo la morte dopo brevissimo tempo.

La vittima deve rimanere cosciente, in grado di percepire la sofferenza e il patema d’animo derivanti dalla sensazione di morte imminente.

Soltanto in tali ipotesi può darsi corso al risarcimento del danno nei confronti degli eredi iure hereditatis.

In quanto, in tali circostanze, il diritto entra a far parte del patrimonio del defunto prima che intervenga la morte, così da poter essere trasmesso agli eredi unitamente agli altri diritti.

Al contrario, in caso di morte immediata, la lesione si verifica nei confronti del bene “vita”, che è diritto autonomo rispetto al diritto alla salute, il quale è “fruibile solo dal suo titolare e non reintegrabile per equivalente”.

La lesione del bene vita

La lesione del bene vita non rappresenta, quindi, la massima lesione del diritto alla salute, ma la lesione di un diverso diritto.

La cui “irrisarcibilità” deriva dall’assenza, al momento del prodursi delle conseguenze dannose, di un soggetto nel cui patrimonio possano essere acquisiti i relativi diritti.

Secondo tale assunto nessun danno sarebbe risarcibile in re ipsa, quale danno-evento, indipendentemente dal prodursi delle conseguenze dannose.

Indipendentemente dall’importanza dell’interesse leso, persino nel caso in cui si tratti del bene della vita.

Con l’evento morte viene meno anche il titolare del diritto e con lui il suo patrimonio, con conseguente inidoneità dello stesso ad acquisire le conseguenze dannose dell’evento e trasferirle agli eredi.

In  conclusione l’effettiva perimetrazione del concetto di danno tanatologico, passa attraverso la definizione del danno biologico terminale e del danno catastrofico.

Il danno biologico terminale

Con la locuzione danno biologico terminale si fa riferimento al danno alla salute patito dalla vittima di un illecito nel periodo intercorrente tra la lesione e la morte.

Detto pregiudizio si identifica nel danno biologico patito da colui che, sopravvissuto per un considerevole lasso di tempo ad un evento poi rivelatosi mortale, abbia, in tale periodo, sofferto una lesione della propria integrità psico-fisica autonomamente considerabile come danno biologico.

Quindi accertabile con valutazione medico-legale e liquidabile alla stregua dei criteri adottati per la liquidazione del danno biologico vero e proprio.

Il danno catastrofale

Per bilanciare il complesso rilievo attribuito alla durata apprezzabile della sopravvivenza è stata elaborata la figura del danno catastrofale.

Sulla base di essa, si ammette anche la risarcibilità della sofferenza provata dalla vittima, che a seguito della lesione percepisce come imminente la fine della propria vita.

Non rileva la durata dell’agonia, ma la consapevolezza del danneggiato e l’intensità della sua sofferenza.

Resta invece, ingiustificatamente, escluso il risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla persona uccisa quando la morte si verifica immediatamente dopo la lesione, o quando l’agonia è breve e inconsapevole (Cass. 22 febbraio 2012, n. 2564).

Il danno catastrofale è il pregiudizio patito da colui che, a seguito di un illecito, sia deceduto dopo un lasso di tempo non idoneo a determinare la risarcibilità del danno biologico terminale.

Esso è un danno morale, che si concreta in una sofferenza psichica di massima intensità, anche se di durata contenuta.

Il giudice potrà riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine.  

Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale.

Il danno tanatologico

Disegnati i confini delle figure contigue del danno catastrofico e del danno biologico terminale è possibile comprendere  anche il danno tanatologico, che si identifica con il danno connesso alla perdita della vita.

La teoria maggioritaria predica la non risarcibilità di tale tipologia di danno.

Il soggetto che perde la vita non è in grado di acquistare un diritto risarcitorio, perché finché è in vita non vi è perdita e quando è morto da una parte non è titolare di alcun diritto e dall’altra non è in grado di acquistarne ( Cass, Civ. Sezione Terza, 23 febbraio 2004, n. 3549).

In tal senso depone, peraltro, anche la circostanza che, allo stato attuale il danno non patrimoniale è considerato danno-conseguenza e non più danno-evento.

L’ art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge.

Nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’art. 2043 c.c.

Elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato dall’ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue.

Autonoma risarcibilità del danno da perdita della vita

Le argomentazioni fatte proprie dalla dottrina propensa a riconoscere la autonoma risarcibilità del danno da perdita della vita sono essenzialmente le seguenti:

  • il diritto alla vita, in quanto fondamentale ed imprescindibile diritto dell’uomo.

Necessita di adeguata tutela: un sistema che riconosce rilevanza a lievi lesioni del diritto alla salute e nega tutela alla lesione del diritto alla vita dà luogo ad irragionevoli storture ed iniquità.

  • negare la risarcibilità del danno tanatologico porta a concludere che, dal punto di vista del danneggiante, è più conveniente uccidere che ferire.
  • la tutela risarcitoria è la tutela minima riconosciuta a qualunque diritto e, a maggior ragione, va riconosciuta al supremo ed inviolabile diritto alla vita.

Ciò significa che nel danno da perdita parentale non  si può prescindere dalla necessità di ammettersi la diretta ristorabilità del bene vita in favore di chi l’ha perduta in conseguenza del fatto illecito altrui.

Il danno da perdita del rapporto parentale spetta ai familiari della vittima quando, a causa di un fatto illecito, un proprio congiunto ha trovato la morte, come avviene per esempio nell’omicidio stradale

A chi è dovuto il danno da perdita parentale?

Il danno per la morte di un familiare, spetta al nucleo familiare primario della vittima, dunque ai genitori, ai figli, al coniuge, ai fratelli, ai nonni e ai nipoti.

Ciò in considerazione della privazione del rapporto tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell’alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti.

La perdita di una persona cara rappresenta un evento doloroso ed irreparabile che si ripercuote nella quotidianità, traducendosi in un vuoto incolmabile e, in sostanza, in un profondo mutamento e sconvolgimento delle proprie abitudini di vita.

Come viene risarcito il danno da perdita parentale?

Non esiste ristoro economico che possa colmare il vuoto per l’uccisione di un proprio familiare,  il vuoto venutosi  a creare per la privazione del rapporto affettivo con la vittima ed il dolore da sopportare per il resto  della propria vita,

La vita, infatti, è un bene prezioso ed irrinunciabile ed è inconcepibile pensare come la Cassazione, a sostegno delle tesi caldeggiate dalle compagnie di assicurazione, si sia più  volte pronunciata, in elusione al dettato della Corte Costituzionale, giocando sul filo dell’elaborazione della teoria del  danno  evento  – danno  conseguenza.

Sulla base di tale elaborazione dottrinale si è giunti a considerare il danno da perdita parentale non “in re ipsa”,  ovvero non risarcibile automaticamente, ma da dovere provare di volta in volta dimostrando l’entità del vincolo affettivo e fornendo prova della propria sofferenza. 

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Danno biologico

Danno biologico

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In questo articolo spiego come si calcola il danno biologico per il risarcimento del danno dell’invalidità permanente e inabilità al lavoro.

Chi ha riportato macro lesioni in un incidente stradale può contattarmi per richiedere la mia assistenza.

Sono stato eletto da Top Legal migliore avvocato nel diritto delle assicurazioni per il risarcimento di danni gravi e gestisco incarichi per conto del danneggiato in tutta Italia

Cos’è il danno biologico?

Quando si parla di danno biologico si fa riferimento alla compromissione della salute di un essere umano, valutabile in termini medico legali.

Il danno alla salute di una persona può derivare da un fatto illecito, come nel caso di un incidente stradaleerrato intervento chirurgico e altre cause, come un infortunio in ambito assicurativo.

Il danno biologico consiste, pertanto, nella lesione alla integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico legale del danno.

Affinché possa esserci un danno alla salute devono verificarsi per il danneggiato menomazioni permanenti, o temporanee, dell’integrità psicofisica.

Per l’accertamento del danno biologico, che rientra nella categoria del danno non patrimoniale, il medico legale deve valutare anche gli aspetti personali e dinamico-relazionali.

L’accertamento del danno alla salute non riguarda la capacità di produrre reddito, come disposto dall’art. 5 comma 3 delle L. 5 marzo 2001 n. 57, rientrando tale aspetto nel danno patrimoniale.

Cosa comprende il danno biologico?

Il danno biologico è composto dalla invalidità permanente e dalla inabilità temporanea, che può essere parziale, o assoluta.

A parte bisogna considerate aspetti quali il danno morale, avente piena autonomia, come chiarito con la sentenza n. 32935/2022 della Cassazione ed il danno esistenziale, oggetto di personalizzazione del danno.

L’invalidità permanente è caratterizzata dagli esiti del danno che incidono nella vita dell’infortunato, le cui conseguenze dovrà portarsi appresso per il resto della vita.

Pensiamo alla ridotta funzionalità, o compromissione di un arto, che limita, o impedisce, i movimenti ed incide in termini percentuali sulla salute del soggetto leso, in  tutti i casi in cui vi  sia una responsabilità civile.

L’inabilità temporanea, è destinata ad un periodo limitato, in genere di degenza e riabilitazione, necessario per guarire del tutto, senza che permangano danni permanenti alla salute.  

Pensiamo agli esiti di una slogatura alla caviglia, che richiede riposo e limita la funzionalità per un breve periodo, ma non procura lesioni permanenti.

L’inabilità temporanea assoluta si ha quando il danneggiato non è in grado di attendere alle minime esigenze della sua vita e al lavoro per un determinato periodo, come nel ricovero in ospedale.

L’inabilità temporanea parziale si ha quando il danneggiato ha una funzionalità ridotta, ma non ha del tutto recuperato la piena funzionalità, come nella degenza a casa.

Per comprendere le distinzioni afferenti al danno biologico pensiamo agli effetti sul danneggiato di un politrauma della strada, come nel caso di un incidente in moto, o incidente stradale a pedone.

Cosa è l’invalidità permanente?

L’invalidità permanente (IP) si ha quando le conseguenze dell’infortunio non sono eliminabili con cure, o terapie.

Si ha invalidità permanente quando l’evento lesivo è destinato ad incidere in misura percentuale sulla salute e funzionalità motoria del danneggiato.

L’accertamento delle lesioni fisiche è compito del medico legale ed ha assoluta rilevanza ai fini della quantificazione del risarcimento danni nell’ambito di applicazione del Codice delle Assicurazioni Private.  

La medicina legale attribuisce alla lesione di ogni parte del corpo il punteggio di danno biologico che determina la menomazione della capacità fisica.

La valutazione del danno biologico si fa con le Tabelle a punti di valutazione del danno.

Esistono 2 diversi parametri di valutazione:

  • per le micro lesioni fino a 9 punti di invalidità permanente, come stabilito dagli articoli 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni;
  • e per le macro lesioni, oltre 9 punti di invalidità permanente, in mancanza di una Tabella Unica nazionale applicando le Tabelle del Danno di Roma, o Milano.

Il senso è più ampio di quello comune, nella misura in cui una frattura, anche se l’arto tornerà ad essere utilizzato, segnerà per sempre la persona, incidendo in percentuale sulla sua funzionalità

Ciò avviene anche per la malattia professionale, da intendersi come lo stato morboso che può essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una attività lavorativa.

Cos’è l’inabilità temporanea assoluta?

L’inabilità temporanea assoluta (ITA) è un danno di natura transitoria che, non necessariamente, determina una invalidità permanente.

Si ha quando il danneggiato non è in grado di poter attendere alle proprie minime esigenze di vita quotidiana e al lavoro.

Si misura con il computo dei giorni che intercorrono tra l’incidente e il completo ristabilimento del danneggiato, ovvero la sua guarigione.

Per ogni giorno di inabilità assoluta viene riconosciuto un determinato importo a titolo di risarcimento del danno all’infortunato, di differente importo per le micro invalidità e le macro lesioni.

Nel 2024 per ogni giorno di inabilità assoluta viene corrisposto un importo di euro 54,80 per le lesioni di lieve entità e fino ad euro 149,00 per le macro lesioni.

La Tabella Unica delle lesioni di non lieve entità approvata dal Governo nel 2024 e sospesa dal Consiglio di Stato, su mio intervento, aveva equiparato i parametri delle micro lesioni e macro lesioni.

Tale decisione arrecava un pregiudizio per i soggetti che hanno riportato lesioni superiori a 9 punti di danno biologico.

Per tale ragione ho segnalato, come rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati, tali incongruità, condivise dal Consiglio di Stato che ne ha sospeso l’esecuzione.

Cos’è l’inabilità temporanea parziale?

La inabilità temporanea parziale (ITP) riduce la mobilità del danneggiato senza incidere necessariamente sul danno biologico.

Si ha nel caso di degenza a casa, o di ritorno al lavoro con tutore ortopedico, o altri strumenti medicali, come stampelle, collare, ingessatura, che limitano la normale mobilità ed operatività.

L’inabilità temporanea parziale al lavoro, da intendersi in senso ampio, pertanto, può essere commisurata in percentuale rispetto a quella assoluta.

A seconda dei progressi clinici dell’infortunato si avrà una inabilità temporanea parziale, per esempio, al 75%, al 50%, o al 25% a seconda della funzionalità e/o mobilità acquisite.

Nel 2024 per ogni giorno di inabilità temporanea parziale al 50% viene corrisposto un importo di euro 27,40 per le lesioni di non lieve entità e fino ad euro 74,50 per le macro lesioni.

Come calcola il danno biologico?

Il calcolo del danno biologico e,  dunque, del danno risarcibile, da intendersi come valutazione dei danni fisici alla persona, prende in considerazione diversi parametri.

In ogni caso non può prescindere da fattori come l’esistenza di invalidità preesistenti, la valutazione di lesioni plurime, le condizioni di vita ed il danno estetico.

Il calcolo del danno biologico è rimesso all’accertamento medico legale e si fa con la Tabella di risarcimento delle lesioni personali.

Attraverso l’indagine medico legale si attribuisce un punteggio all’ invalidità permanente riscontrata che limita la funzionalità del danneggiato.

Il medico legale determina anche i giorni di inabilità temporanea assoluta e parziale, sia per lesioni gravi che di lieve entità. 

Nel diritto assicurativo, in presenza di lesioni gravi è importante avere un avvocato specializzato in risarcimento del danno biologico e un valido medico legale di parte.

Nel 2024 per ogni punto di invalidità permanente è riconosciuto l’importo di euro 939,78 per le lesioni lievi ed euro 1.198,76 per le macro lesioni.

Tali importi si riducono progressivamente con l’aumentare dell’età del danneggiato, in funzione della minore aspettativa di vita.

La Tabella Unica Nazionale approvata dal Governo aveva diminuito gli importi risarcitori per le macro lesioni, adeguandoli a quelli per le lesioni lievi, ma non è  stata approvata, anche grazie al mio intervento istituzionale.

Come risarcire il danno biologico?

Risarcire il danno biologico non può prescindere da due elementi:

  1. la presenza di lesioni permanenti, o temporanee causate da un fatto illecito, o coperto da assicurazione per gli infortuni
  2.  l’accertamento medico legale del danno, con la valutazione delle lesioni subite dal danneggiato

Per quanto concerne i mezzi di prova del danno biologico la normativa richiamata dagli articoli 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni richiede l’accertamento medico legale.

L’unica eccezione è prevista nei casi in cui l’indagine diretta sulla persona non sia possibile perché, per esempio, deceduta.

L’accertamento medico legale del danno, tuttavia, non deve richiedere necessariamente sempre la presenza fisica del danneggiato per il risarcimento danni fisici in incidente stradale.

A fondamento della valutazione può essere presa tutta la documentazione medica acquisita, ricorrendo a nozioni di comune esperienza e presunzioni legali.

In presenza di lesioni di non lieve entità, come la perdita della vista da un occhio, valutabile in misura non inferiore al 25% di IP, non può non tenersi conto della sofferenza del danneggiato.

Sopra 9 punti di invalidità permanente entra in gioco la personalizzazione del danno, che ricomprende la sofferenza, in termini di danno morale.

Stesso discorso per il danno esistenziale, o danno dinamico relazionale, relativamente alle conseguenze del danno nell’esplicarsi della vita quotidiana dell’infortunato.

Con la personalizzazione del danno, il danno biologico viene aumentato in misura dal 15 per cento fino al 60 per cento per lesioni gravissime.

Tuttavia la discrepanza tra le Tabelle del Danno di Roma e di Milano  comportano variazioni significative per le macro lesioni sopra il 50% di invalidità permanente a danno dell’infortunato.

Avvocato per risarcimento del danno biologico

Dati i tecnicismi di calcolo del danno biologico, un Avvocato specializzato in risarcimento del danno è fondamentale per chi riporta lesioni gravi o gravissime in un incidente stradale.

L’Avvocato Gianluca Sposato è Presidente dell’Associazione Infortunati Stradali, rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati e membro della Commissione Trasporti dell’Ordine degli Avvocati di Roma.

Referente del Gruppo “Danno alla Persona” dell’Osservatorio Civile, oggi è considerato il massimo esperto in Italia per il risarcimento del danno biologico di non leve entità.

E’ autore del Manuale di infortunistica stradale “Le 50 parole del danno stradale più usate nelle Aule di Giustizia” pubblicato con la Nuova Editrice Universitaria.

Figlio d’arte, erede del più prestigioso Studio Legale di infortunistica stradale della Capitale, ha ottenuto risarcimenti con importi superiori a un milione di euro, senza andare in causa.

Lo Studio Legale Sposato, dal 1949, opera nel ramo della responsabilità civile per il risarcimento di danni da circolazione stradale con i migliori medici legali in tutta Italia.

 

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Risarcimento danni per incidente stradale

Lo Studio Legale Sposato, fondato nel 1959, è stato tra i primi in Italia ad occuparsi di danni da circolazione stradale ed infortunistica stradale per il risarcimento del danno alla persona derivante da un incidente stradale.

Siamo specializzati in incidenti stradali da cui derivino lesioni personali e conseguire il massimo risarcimento dei danni derivanti da circolazione stradale, grazie alla nostra esperienza e abilità, senza andare in causa.

Ci occupiamo risarcimento danni per lesioni personali, avvalendoci di medici legali Primari Ospedalieri e Professori Universitari per l’accertamento delle lesioni fisiche, con liquidazioni per i nostri assistiti superiori al 30% della media nazionale.

Qualora il danneggiato si trovi in difficoltà economiche anticipiamo tutte le spese legali richiedendo gli onorari ad espletamento dell’incarico, a garanzia della nostra onestà e professionalità, anche qualora sia necessario instaurare una causa.

La responsabilità civile automobilistica ed il Codice delle Assicurazioni Private

La responsabilità civile automobilistica riguarda un ambito vasto e complesso che richiede una specifica preparazione nel diritto delle assicurazioni, con particolare riferimento al Codice delle Assicurazioni Private che regola la materia.

L’obbligo dell’assicurazione per la responsabilità civile degli autoveicoli è stata istituita con la Legge 24 dicembre 1969 n.990.

L’art. 1 sanciva l’obbligo di copertura assicurativa per qualsiasi autoveicolo a motore posto in circolazione su tutto il territorio nazionale ai fini di garantire la responsabilità civile.

Il Codice delle Assicurazioni Private, è stato introdotto con il decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209 e all’art. 122 ha mantenuto tale onere pressoché immutato.

L’assicurazione comprende la responsabilità per i danni alla persona causati anche ai trasportati, qualunque sia il titolo in base al quale è effettuato il trasporto. 

La copertura assicurativa in caso di sinistro stradale rappresenta uno strumento di tutela per chi rimanga ferito negli incidenti stradali garantendo l’operatività della garanzia RCA, tenuto conto, però, che l’assicurazione non ha effetto nel caso di circolazione avvenuta contro la volontà del proprietario.

Risarcimento incidente stradale, le prime attività da compiere

La scelta dell’avvocato quando dalla circolazione stradale sono derivati danni fisici, con perdita della funzionalità motoria, fratture scomposte, perdita di organi vitali, o altro, è determinante per il risarcimento del danno.

La materia del risarcimento danni da circolazione stradale, infatti, è molto tecnica e l ‘Avvocato esperto in incidenti stradali deve avere una ferrata preparazione in responsabilità civile, diritto delle assicurazioni e risarcimento danni.

Inoltre, solo il curriculum e  l’esperienza di tanti anni di lavoro, casistiche affrontate e risolte, può garantire di possedere nozioni indispensabili, anche di cinematica stradale.

La ricostruzione dell’incidente è fondamentale per l’attribuzione della responsabilità, nonché primo compito dell’avvocato per fornire un quadro chiaro al danneggiato, tenuto conto che nello scontro tra veicoli si presume che tutti siano responsabili, ai sensi dell’articolo 2054 del codice civile.

Non sempre sono reperibili testimoni dell’incidente, per fare chiarezza sulla dinamica, mentre non è raro che le testimonianze, quando non rese a verbale, risultino in contrasto con il verbale redatto dalle Autorità intervenute per effettuare i rilievi stradali del sinistro.

Per questo solo un avvocato civilista con esperienza per incidente stradale risarcimento danni fisici sarà in grado di smontare una falsa testimonianza, inviando gli atti alla Procura della Repubblica, ristabilendo la verità e tutelando i diritti del danneggiato.

Lesioni derivanti da circolazione stradale, quantificazione del danno

Superato il problema della responsabilità dell’incidente e della copertura assicurativa, che rappresenta la prima fase del nostro lavoro, occorre determinare l’entità delle lesioni derivanti dal sinistro stradale, per una loro  corretta quantificazione.

Chi ha riportato lesioni personali a seguito di un incidente, infatti, ha diritto ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile al risarcimento del danno biologico, del danno morale e del danno esistenziale.

Nel caso in cui la responsabilità del sinistro sia conclamata non è più indispensabile lo stato di bisogno del danneggiato per avere diritto al pagamento di una una provvisionale dall’assicurazione.

L’assicurazione nel caso di incidente con feriti, comunque, è sempre tenuta a formulare una offerta risarcitoria al danneggiato all’esito degli accertamenti medico legali disposti.

Affidarsi da subito ad un Avvocato specializzato in risarcimento danni da circolazione stradale significa potere evitare una causa, nel caso in cui venga conclusa una trattativa vantaggiosa con l’assicurazione, senza rinunciare ad alcuna posta di danno, ottimizzando così tempi e spese.

Danni da circolazione stradale alla persona, l’importanza del risarcimento 

I danni da circolazione stradale alla persona comportano, di regola, lesioni fisiche invalidanti ed una invalidità permanente per chi subisce un incidente stradale, di qui l’importanza del risarcimento che deve tener conto di tutti gli aspetti, disagi, sofferenza e spese del danneggiato.

Le casistiche, purtroppo, in cui si riscontrano le lesioni più gravi riguardano gli incidenti  a pedoni, gli incidenti in  bicicletta, incidenti in moto e incidenti al passeggero.

In questo casi la degenza ospedaliera può essere molto lunga, come anche il completo ristabilimento del danneggiato dall’ incidente, per cui bisognerà attendere che le lesioni siano suscettibili di accertamento medico legale per la relativa valutazione del danno.

L’importanza di essere rappresentati ed assistiti da uno studio legale e da un professionista di spessore è determinate, per questo bisogna scegliere un avvocato civilista esperto in risarcimento del danno per lesioni personali derivanti da circolazione stradale.

La valutazione e liquidazione del danno derivante alla persona in un sinistro stradale, infatti, deriva da molteplici fattori e, solo affidandosi a mani sicure ed esperte, il danneggiato può avere la garanzia di essere assistito e tutelato al meglio per la piena affermazione dei propri diritti sul piano risarcitorio.

Il migliore avvocato per incidenti stradali

L’Avvocato Gianluca Sposato, è Presidente dell’Associazione Difesa Infortunati Stradali, che ha ottenuto il riconoscimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il fattivo contributo volto a tutelare i soggetti danneggiati da incidenti stradali.

E’ referente presso la Camera dei Deputati per la sicurezza stradale, con iniziative legislative volte a ridurre l’incidentalità e mortalità sulle strade ed ha partecipato ai lavori del nuovo codice della strada, con misure volte a tutelare gli utenti stradali.

Apprezzato relatore congressuale sulle tecniche di liquidazione del danno alla persona ed autore di numerose pubblicazioni, ha ottenuto condanne contro compagnie di assicurazione anche oltre il massimale di polizza assicurato. 

Assiste chi ha riportato gravi lesioni invalidanti per il risarcimento dei danni da circolazione stradale, sotto la duplice componente del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale e segue personalmente solo casi relativi a macro lesioni, su tutto il territorio nazionale.

 

 

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Avvocato specializzato in responsabilità civile

L’Avvocato Gianluca Sposato è un appassionato studioso del diritto civile, membro del Consiglio Direttivo dell’ISLE Istituto per la Documentazione e gli Studi  legislativi e rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati.

Nel corso della sua formazione post laurea si è specializzato nel diritto civile, in particolare nella responsabilità civile in materia del risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale, o fatto illecito.

La sua specializzazione, derivante da una tradizione di giuristi in famiglia, lo ha portato ad essere considerato tra i maggiori esperti in campo nazionale per gravi incidenti stradali e danno da morte.

Il danno risarcibile in tema di responsabilità contrattuale si pone in relazione all’inadempimento ed alla mancata realizzazione della prestazione dovuta.

Invece nella responsabilità aquiliana rileva il danno nella sua caratteristica ed autonoma configurazione della lesione derivante da un atto illecito di un interesse tutelato dall’ordinamento giuridico.

Responsabilità civile contrattuale ed extracontrattuale

Il superamento del confine tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale assume un ruolo preponderante in tema di responsabilità civile.

Per la tutela aquiliana la distinzione tra diritti assoluti e relativi trova una prima evoluzione da parte della Suprema Corte a Sezioni Unite nella pronuncia relativa alla morte in incidente stradale del calciatore Luigi Meroni.

La società sportiva Torino citò il conducente e il proprietario del veicolo per ottenere il risarcimento del danno consistente nell’aver reso impossibile l’esecuzione della prestazione calcistica.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 174/71 affermò la riconducibilità dei diritti di credito alla categoria degli interessi meritevoli di tutela che, se lesi, determinano l’obbligo di risarcire il danno

Tuttavia, venne negato il risarcimento alla Società sportiva, essendosi ritenuto che la prestazione del debitore, cioè dell’atleta, non aveva la caratteristica dell’insostituibilità.

Con la pronuncia in oggetto la Suprema Corte, abbandonando il vecchio principio, ha esteso la tutela aquiliana ai diritti di credito.

Il limite di confine tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale non è sempre così netto e staccato.

Nel senso della protezione dei diritti assoluti con la tutela aquiliana e dei diritti relativi solo con la tutela contrattuale.

Responsabilità civile e risarcimento del danno

L’ingiustizia che l’articolo 2043 assume quale componente essenziale della fattispecie di responsabilità civile va intesa nella duplice accezione di danno prodottonon iure” e “contra ius”.

Non iure nel senso che il fatto produttivo del danno non deve essere altrimenti  giustificato dall’ordinamento, come nei casi previsti dagli articoli 2044 e 2045 del codice civile.

Contra ius nel senso che il fatto deve ledere una situazione soggettiva riconosciuta e garantita dall’ordinamento giuridico nella forma del diritto soggettivo.

L’articolo 2043 non pone la distinzione tra diritti assoluti e diritti relativi, non potendosi escludere che il danno ingiusto può sussistere in dipendenza della lesione di un diritto.

Conseguenze giuridiche dell’inadempimento

Di fronte all’inadempimento si prospetta in prima linea la possibilità di  conseguire l’esecuzione forzata in forma specifica ai sensi degli articoli 2930- 2933 del codice civile.

Da rilevare che, in virtù dell’articolo 2932 del codice civile, la parte può ottenere esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto a mezzo sentenza, che produce gli stessi effetti.

In ogni caso, si produce anche l’obbligo di risarcimento per equivalente e la relativa azione si prescrive in generale nel termine di 10 anni ai sensi dell’articolo 2946 del codice civile.

In tema di danni da responsabilità extracontrattuale, invece, può aversi solo il risarcimento, pur essendo previsto che il danneggiato possa chiedere la reintegrazione in forma specifica.

Tuttavia, come stabilisce l’articolo 2058 del codice civile, ciò è percorribile solo quando la reintegrazione in forma specifica è in tutto, o in parte, possibile e non  risulta eccessivamente onerosa.

Dal che deriva, per implicito, la prevalenza accordata al risarcimento per equivalente, attraverso la corresponsione di una somma di denaro a titolo di  risarcimento danni.

La relativa azione si prescrive in generale, ai sensi dell‘articolo 2947 del codice civile, nel termine breve di 5 anni.

Studio Legale di diritto civile

Lo Studio Legale Sposato è stato fondato nel 1949, dall’Avvocato Francesco Sposato che è stato il più giovane avvocato d’Italia, allievo del Professor Francesco Carnelutti.

Lo Studio Sposato si è da subito distinto nel diritto civile, in particolare nella responsabilità civile, diventando una scuola di formazione per avvocati, magistrati e giuristi.

Nel 2001 è stato rilevato dall’Avvocato Gianluca Sposato, capace di distinguersi come giurista ed in ambito istituzionale  e come rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati su temi relativi alla legalità e alla giustizia.

Opera, nei principali settori del diritto civile con uno standard di professionalità elevatissimo, grazie all’esclusività delle materie trattate.

Secondo il codice deontologico forense e dello Studio accetta soltanto casi che, all’esito dell’analisi preliminare, ritiene di potere risolvere e portare avanti, a garanzia della serietà, tutela degli interessi e diritti del cliente.