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Accertamento di paternità

Avvocato per accertamento di paternità

Indice

L’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in diritto di famiglia e diritto ereditario, segue personalmente procedimenti per l’accertamento di paternità su tutto il territorio nazionale.

“Mater semper certa estpater numquam” la madre è sempre certa, il padre mai, dicevano i latini: oggi, però, grazie al test del DNA non è più così.

Con un semplice tampone salivare, o prelievo di un capello anche tra fratelli consanguinei, ovvero concepiti dallo stesso padre, ma nati da madre diversa, è possibile avere un risultato certo sulla paternità.

Se il padre si rifiuta di sottoporsi ad accertamento genetico forense, con l’azione di riconoscimento di paternità il giudice può disporre il relativo accertamento.

Grazie ai progressi della scienza si può individuare con certezza assoluta da chi è stato concepito il figlio.

Il giudizio di accertamento di paternità

Se il padre, o i fratelli consanguinei, non si sottopongono volontariamente al test del DNA occorre essere assistiti da un avvocato familiarista per il giudizio di accertamento di paternità.

All’esito della mediazione obbligatoria, in caso di mancato accordo, bisognerà instaurare un procedimento di cognizione presso il tribunale competente chiedendo al giudice di disporre gli accertamenti necessari.

Alla verifica del test di paternità è fondamentale essere assistiti da un consulente di parte medico legale genetista forense, per sincerarsi che le operazioni vengano compiute correttamente.

L’accertamento immuno ematologico della paternità non è subordinato alla prova dell’esistenza di una relazione.

Il rifiuto ingiustificato a sottoporvisi, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ., è suscettibile di essere valutato come ammissione per costante giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. I, 14/06/2019, n.16128).

Questo significa che se il padre si rifiuta di eseguire le indagini autorizzate, il giudice deve interpretare la sua negligenza come ammissione di riconoscimento.

I diritti del figlio riconosciuto nel nostro ordinamento giuridico

Le conseguenze del riconoscimento di paternità, a prescindere da rapporti umani ed affettivi, non sempre facilmente recuperabili, sul piano giuridico investono questioni che hanno riflessi importanti.

In termini di diritto le conseguenze del riconoscimento per il figlio investono sia l’ambito del diritto di famiglia, il ramo del diritto ereditario.

Sul piano del diritto di famiglia, senza distinzione tra genitori coniugati o non coniugati e, dunque, tra figli nati in costanza di matrimonio o meno, il dovere dei genitori di mantenere i figli trova il suo fondamento nell’art. 30 della Costituzione.

L’art. 147 del codice civile richiama l’obbligo da parte dei genitori  a provvedere all’istruzione ed al mantenimento, oltre che a fornire assistenza morale alla prole.

Sul piano del diritto ereditario il figlio riconosciuto acquisisce il titolo di legittimario e, come erede legittimo, non può essere escluso dall’asse ereditario neanche con il testamento.

Esito della prova del test del DNA e sentenza di riconoscimento paterno

L’azione di riconoscimento di paternità si promuove presso il tribunale territorialmente competente mediante atto di citazione a comparire in giudizio in base all’art. 269 del codice civile.

Una volta istaurato il procedimento, verificata la regolarità delle notifiche ed iscritta a ruolo la causa, il giudice ammette i mezzi istruttori richiesti nominando un consulente di parte esperto in genetica forense per i relativi  accertamenti  di  laboratorio.

All’esito della prova del test del DNA nel caso di risultato positivo, ottenuta la sentenza di riconoscimento paterno, l’Ufficiale di Stato Civile procede a fare la prescritta annotazione nel relativo atto di nascita.

Esiste la possibilità per il figlio riconosciuto di non modificare il cognome materno, o di  aggiungere quello del padre.

Le conseguenze del riconoscimento paterno, sia esso volontario, che giudiziale, si ripercuotono nella status del figlio che, in quanto riconosciuto, acquisisce diritti al sostegno morale ed economico, oltre che subentrare nell’asse ereditario paterno.

Effetti del riconoscimento di paternità per il figlio riconosciuto

Dal momento del riconoscimento di paternità il figlio riconosciuto acquisisce il diritto al mantenimento da parte del padre che deve contribuire alle spese familiari.

Oltre che, ai  sensi dell’ articolo 315 bis del codice civile, il diritto ad essere educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

L’annotazione nel Registro dell’Anagrafe degli Atti di Nascita ha come ulteriore conseguenza il subentro del figlio riconosciuto nell’asse ereditario paterno.

Con tutte le conseguenze di legge trattandosi di erede legittimario che, dunque, non può mai essere estromesso dall’asse ereditario,

Ciò con riferimento alle quote ereditarie con e senza testamento a lui riservate per legge, tenuto conto che l’eredità è costituita sia dal relictum che dal donatum.  

Il patrimonio ereditario, infatti, non è costituito solo da quanto rimane nell’asse ereditario alla morte del de cuis.

I beni ereditari frequentemente in questi casi sono oggetto di sottrazione per avvantaggiare gli altri legittimari.

Ma si deve necessariamente tenere conto di tutte le disposizioni di liberalità compiute in vita dal de cuius che, per effetto della collazione ereditaria, vanno imputate alla massa ereditaria.

Riconoscimento di paternità postumo

Se il genitore su cui bisogna eseguire l’accertamento di paternità è defunto è, comunque, possibile risalire alla propria genesi ed effettuare il test del DNA.

Questa operazione è possibile su un campione osseo del defunto, ottenendo l’autorizzazione da parte dell’Autorità Giudiziaria, sempre che sia possibile.

E’ possibile avere un risultato certo anche attraverso la comparazione del dna sui parenti più prossimi, sui propri fratelli consanguinei, o sugli zii paterni.

L’azione per lo più è propedeutica, ad esito favorevole, ad accettare l’eredità del proprio genitore defunto.

Tralasciando le vicende spesso tormentate che non hanno consentito al figlio concepito di godere degli stessi diritti dei propri fratelli consanguinei.

Costo del test del DNA per accertamento di paternità

L’analisi dei polimorfismi del DNA costituisce l’unico mezzo di prova diretto della paternità e viene effettuata procedendo al confronto tra il profilo genetico del figlio con quello dei genitori.

Il costo per eseguire il test per l’accertamento di paternità con valore legale se eseguito in laboratorio spontaneamente ha un prezzo che si aggira intorno ai 500,00 euro a persona su cui si esegue il prelievo.

Diverso è il caso in cui il padre si sottragga all’accertamento.

Per cui si apre tutto un altro scenario ed è indispensabile rivolgersi ad un avvocato esperto in diritto di famiglia ed ereditario per seguire tutte le fasi relative al giudizio per l’accertamento di paternità, sostenendo i relativi  costi.

Costi per la causa di riconoscimento di paternità

I costi per la causa di riconoscimento di paternità sono relativi sia all’attività di assistenza legale che per le spese propedeutiche inerenti le indagini biologo forensi da svolgere ai fini del test del DNA in laboratorio con valore legale.

Il compenso dell’avvocato, di cui il cliente riceve preventivo scritto al conferimento del mandato accettando le relative scadenze di pagamento, è dovuto per le varie fasi dell’attività da svolgere, come stabilito dal comma 2 dell’ art. 14 del DM 55/14.

Le fasi, nelle quali l’attività giudiziale è distinta, sono:

  • la fase di studio della controversia,
  • la fase di introduzione del procedimento,
  • la fase istruttoria e/o di trattazione
  • la fase decisoria.

L’onorario per il CTP, ovvero per il proprio medico legale consulente di parte, necessario data la delicatezza della questione trattata, varia a seconda dell’esperienza della competenza, autorevolezza e professionalità del professionista.

Tenuto conto che il nostro Studio Legale, fondato nel 1949, si avvale solo dei migliori medici legali esperti in genetica forense, professori e docenti universitari, su tutto il territorio nazionale.

L’onorario per il CTU medico legale nominato dal giudice, normalmente posto a carico solidale delle parti, ha un costo variabile, comunque mai inferiore all’importo di 1.000,00 euro.

L’ Avvocato Gianluca Sposato, esperto in diritto di famiglia ed ereditario, segue personalmente sia l’azione di riconoscimento di paternità, che la fase relativa all’accettazione dell’eredità del figlio riconosciuto.

Lo Studio Legale Sposato è garanzia di assistenza legale di eccellenza, volta a tutelare il cliente, salvaguardandone sempre diritti e interessi, grazie alla sua capacità anche di conseguire accordi e transazioni, ottimizzando tempi e costi.

  

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Rilascio e Rinnovo Passaporto dell’ex Coniuge

Rilascio e Rinnovo Passaporto dell'ex Coniuge

Per il rilascio ed il rinnovo del passaporto dell’ex coniuge si applica la normativa sui passaporti, in particolare gli articoli 3 e 12 della Legge n. 1185 del 21/11/1967 e successive modifiche.

Come deve fare il coniuge separato per il rinnovo del passaporto?

Il coniuge separato con figli minori che voglia recarsi in vacanza all’estero, può incontrare limiti nella volontà dell’altro coniuge sia in presenza di separazione giudiziale che di separazione consensuale.

Uno dei motivi principali è che, da tale allontanamento, il coniuge separato tema per il futuro il mancato mantenimento da parte di chi vi sia tenuto.

Sia il rilascio che il rinnovo del passaporto da parte di chi si trovi in Italia come all’estero sono subordinati alla prova che il titolare abbia adempiuto, e potrà per il futuro adempiere, agli obblighi di mantenimento verso i figli, o verso il coniuge.

Passaporto e violazione degli obblighi di assistenza familiare

Il giudice tutelare per il rilascio e rinnovo del passaporto all’ex coniuge dovrà valutare si vi sia stata già una sentenza di condanna ex art 570 del codice penale per violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Ovvero se l’omissione sia stata effettiva da parte dell’obbligato, ad esempio perché temporaneamente impedito, ovvero se ragioni di lavoro e salute possono legittimare l’autorizzazione.

La CEDU nel 2014 ha chiarito che è illecito ritirare e/o negare il passaporto ad un padre perché non paga gli alimenti ai figli, ravvisando una  ipotesi di violazione della libertà di movimento.

Condizioni per il rilascio e rinnovo del passaporto al coniuge separato

Il Giudice deve valutare la corrispondenza del mancato assenso al rilascio e rinnovo del passaporto all’ex coniuge all’interesse del minore, nel caso di  separazione giudiziale o consensuale con figli minorenni.

In parole più semplici, il compito del Giudice è quello di esaminare i motivi posti a fondamento del mancato rilascio dell’assenso da parte di un genitore.

Se ritiene che il rilascio o rinnovo del passaporto sia pregiudizievole degli interessi del minore, il Giudice rigetterà l’istanza.

Qualora invece ritenga che non vi siano pregiudizi per il minore o che, più semplicemente, il rifiuto di un genitore sia pretestuoso, allora accoglierà l’istanza ed emetterà un decreto autorizzativo.

Con l’autorizzazione del giudice si supera, pertanto, il problema del rifiuto di un genitore e permettere all’altro che ha depositato l’istanza di ottenere il rilascio, o il rinnovo del passaporto per sé e per  i figli.

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Separazione giudiziale o consensuale con figli minorenni

Separazione giudiziale o consensuale con figli minorenni

La presenza di figli, in particolare di figli minorenni, all’interno di una famiglia i cui rapporti non sia possibile in alcun modo ricucire, rappresenta la maggiore preoccupazione per i genitori che intendono separarsi.

La preoccupazione di tutelare i minori è prevalente anche per il legislatore che, nel nostro ordinamento giuridico, garantisce piena tutela dei loro diritti.

Sta alla sensibilità, al grado di educazione e cultura dei genitori preservare un rapporto civile tra di loro per il bene dei figli minorenni, costretti a subire una decisione incomprensibile, a volte difficile da accettare.

Alla domanda come si può tutelare i figli affrontando la separazione coniugale? non può che rispondersi assumendosi le proprie responsabilità,  essendo il diritto un rimedio e mai la soluzione dei problemi.

Collocazione dei figli minorenni nella separazione

La collocazione della prole rappresenta il primo dei problemi quando si deve affrontare una separazione giudiziale, o consensuale con figli minorenni.

Quando i figli sono in età scolare la prassi, per non sconvolgere le loro abitudini di vita, è di consentire loro di continuare a vivere nella casa genitoriale con il coniuge assegnatario.

La collocazione della prole presso il padre, o la madre non incide, comunque, sulle modalità di affidamento condiviso.

L’affido condiviso viene di solito disposto per far sì che il minore mantenga un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, nel rispetto dell’articolo 337 ter comma 2 del codice civile.

Affido condiviso e collocazione prevalente del minore

Il figlio, in caso di accordo tra i genitori, sia in caso di separazione giudiziale che di separazione consensuale potrebbe non avere una collocazione prevalente, trascorrendo tempi analoghi con la mamma e il papà.

Pertanto, in caso di separazione giudiziale o consensuale con figli minorenni, i genitori si dovranno organizzare per assicurare al minore uno spazio abitativo adeguato alle sue esigenze.

Questa regola vale anche nel caso di affido condiviso, quando i figli vengono collocati in modo prevalente con il padre, o con la madre.

Se non c’è accordo tra i genitori, la scelta del collocamento nella separazione giudiziale dei figli minorenni, dovrà essere rimessa alla decisione del giudice.

In casi di particolare litigiosità può essere necessario per il magistrato richiedere l’audizione del minore per venire incontro alle sue preferenze. 

Anche in questo caso non esistono parametri codificati per la scelta della collocazione del figlio, tanto nella separazione giudiziale che in quella consensuale, se non quello della salvaguardia del suo esclusivo interesse morale e materiale.

Per tale ragione è fondamentale nella separazione, giudiziale, o consensuale, con figli minorenni tenere conto dell’età del bambino, del tipo di attività lavorativa dei genitori, dell’esistenza di un’abitazione che costituiscano un fattore stabile per il minore.

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Separazione giudiziale

Separazione giudiziale

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La separazione giudiziale si rende necessaria quando non è stato possibile raggiungere un accordo tra i coniugi.

L’accordo è necessario sulle questioni relative alla regolamentazione dei rapporti tra di loro inerenti la sospensione del vincolo matrimoniale.

La causa viene promossa da uno dei coniugi nei confronti dell’altro mediante notifica di un ricorso, che può essere con addebito in presenza di determinati presupporti, come l’ infedeltà coniugale.

La causa per la separazione dei coniugi viene iscritta a ruolo davanti al giudice competente per territorio, che disciplina e regolamenta ogni aspetto inerente la gestione dei rapporti patrimoniali e personali tra i coniugi stessi.

Particolare attenzione è rivolta, nel nostro ordinamento giuridico, a tutelare le esigenze di figli minori, o non ancora economicamente indipendenti.

Per promuovere la causa di separazione dei coniugi davanti al giudice bisogna esperire la negoziazione assistita.

Quando i coniugi non sono d’accordo a presentare congiuntamente un ricorso per la separazione consensuale e intendono porre fine al vincolo coniugale, non resta altra strada che instaurare il giudizio di separazione legale.

Addebito della separazione

L’addebito della separazione comporta, quando è stata accertata la violazione dei doveri coniugali da parte del coniuge, che sia stata la causa della crisi coniugale, la perdita del diritto al mantenimento e dei diritti successori.

L’addebito della separazione deve essere richiesto nel ricorso per la separazione giudiziale indicando il motivo, per cui si chiede, che il giudice si pronunci sul punto, accogliendolo.

Il coniuge che chiede l’addebito della separazione domanda, in sostanza, al giudice di accertare che la responsabilità della separazione è da attribuirsi a comportamento esclusivo dell’altro coniuge.

La causa dell’addebito è da ravvisarsi per violazione dei doveri coniugali, che hanno causato la rottura del matrimonio, come l’infedeltà coniugale.

Assegnazione della casa coniugale, affidamento condiviso e assegno di mantenimento

In presenza di contrasti tra i coniugi, ove si renda indispensabile istruire la causa attraverso l’acquisizione di documentazione, anche di carattere fiscale ed espletare prove testimoniali, il giudice potrà emettere una sentenza non definitiva.

Con la sentenza provvisoria il giudice provvede a regolamentare le esigenze primarie a tutela della famiglia:

  • l’assegnazione della casa coniugale
  • l’assegno di mantenimento 
  • l’affidamento dei figli
  • la regolamentazione del diritto di visita del coniuge non collocatario.

L’affido della prole può essere condiviso od in via esclusiva, ad uno soltanto dei coniugi.

A tal riguardo il giudice, a norma degli articoli 316 bis e 337 del codice civile, dispone che ciascun genitore sia obbligato, in misura proporzionale alle proprie capacità, al mantenimento dei figli.

Il mantenimento della prole deve tenere conto delle esigenze di vita e del contesto sociale e familiare in cui i figli sono cresciuti.

Per quanto concerne il mantenimento del coniuge, è dovuto quando uno degli sposi non abbia redditi propri che gli consentano di conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

In tal caso il giudice stabilisce di versare al consorte cui non venga addebitata la separazione un assegno periodico, la cui entità deve essere determinata tenendo conto dei redditi del coniuge obbligato.

In caso di presenza di  figli minorenni il legislatore garantisce la piena tutela dei loro diritti, attribuendo al giudice il potere di adottare provvedimenti con esclusivo riferimento agli interessi materiali e morali della prole.

L’art. 337 ter del codice civile tutela i diritti dei figli minori, che hanno diritto a mantenere, anche dopo la separazione, un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e con i relativi parenti.

Per l’avvio del procedimento servono specifici  documenti per la separazione giudiziale, da raccogliere da depositare con il ricorso.

Per questo è  fondamentale ricostruire con il proprio avvocato matrimonialista tutta la vicenda coniugale, al fine di supportare l’istruzione probatoria e poter confermare la fondatezza delle proprie ragioni.

Separazione giudiziale tempi

I tempi per la separazione giudiziale dipendono dalla complessità del caso, dal grado di litigiosità dei coniugi, dalle indagini da compiere e dall’entità delle prove da assumere in corso di giudizio davanti al giudice.

Mediamente la durata di una causa di separazione giudiziale è di 4 anni, dalla proposizione della domanda, tenuto conto che i provvedimenti urgenti possono essere adottati già alla prima udienza, con una sentenza provvisoria.

Questo non esclude che anche in corso di giudizio ed all’esito delle prove testimoniali e dell’istruttoria possa trovarsi un accordo tra le parti.

In tal caso è possibile chiedere al giudice il mutamento di rito da ordinario a volontaria giurisdizione e di emettere una sentenza su punti condivisi, non contrastanti tra i coniugi.

Separazione giudiziale costi

La durata incide anche sui costi della separazione giudiziale che tengono conto di tutte le spese da affrontare per le varie fasi del giudizio.

I costi variano a seconda della difficoltà dell’attività, delle indagini da svolgere ed ulteriori azioni da intraprendere, anche in sede cautelare, in relazione al valore della causa.

I costi dell’avvocato per la separazione giudiziale sono regolati dal DM55/14 e prevedono 4 voci di spesa per il cliente, in base al valore della pratica:

  • per la fase di studio
  • per l’introduzione del giudizio
  • per la fase di trattazione
  • per la fase decisionale

Una causa di separazione giudiziale costa mediamente tra i 8.000,00 e i 12.000,00 euro, quindi considerato che la causa dura circa 4 anni il costo di un avvocato matrimonialista è circa 2.000,00 euro all’anno.

Occorre, poi, rammentare che la sentenza di separazione giudiziale di primo grado non è definitiva.

La sentenza di primo grado può essere impugnata davanti alla Corte d’Appello territoriale, nei termini previsti dagli artt. 339 e 327 cpc, ovvero 30 giorni dalla notificazione, o 6 mesi dal deposito della sentenza.

L’appello contro la sentenza di separazione giudiziale del tribunale, ai sensi dell’art. 473 bis 30 del codice di procedura civile, si propone con un ricorso che deve contenere le indicazioni di cui all’atto di citazione di primo grado.

La litigiosità dei coniugi resta sempre il più grave problema da affrontare in ambito familiare con ripercussioni non solo sulla durata della causa di separazione giudiziale ma anche sull’equilibrio dei figli che ne vivono di riflesso gli effetti.

La separazione giudiziale dopo la riforma Cartabia

Con la riforma Cartabia sono state introdotte importanti novità al diritto di famiglia.

La prima e più importante è l’affermazione della piena uguaglianza tra i figli nati da coppie sposate e figli nati fuori dal matrimonio (more uxorio), sia che siano il frutto di una convivenza tra coppie di fatto, o meno.

Questa importante e naturale evoluzione del diritto di famiglia ha effetti pratici sulle modalità di svolgimento del processo civile, con le relative modalità di svolgimento.

Ecco le più importanti riforme introdotte dalla riforma Cartabia al diritto di famiglia:

Unica domanda di separazione e divorzio

È stato introdotto l’articolo 473 bis 49 al codice di procedura civile, che prevede la possibilità per il coniuge che intende avviare la separazione giudiziale di proporre unitamente il giudizio di separazione e di divorzio.

La norma permette di affrontare nella stessa causa sia la separazione che lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, con abbreviazione dei tempi e riduzione dei costi.

In tal modo è possibile ottenere il divorzio trascorsi 6 mesi in caso di separazione consensuale e 12 mesi in caso di separazione giudiziale.

Così, presentando un ricorso unico per separazione e divorzio il giudice, con la sentenza di separazione invita i coniugi a comunicare, entro 6 mesi o 12 mesi, la loro volontà a non riconciliarsi.

La comunicazione consente al  giudice di pronunciare anche il divorzio, senza che sia necessario istruire un’altra causa presentando nuovo ricorso.

Procedura di negoziazione assistita per separazione e divorzio

Con la riforma Cartabia la negoziazione assistita diventa obbligatoria in materia di separazione e il divorzio e deve essere sempre esperita prima di introdurre la causa ordinaria in tribunale.

La convenzione di negoziazione assistita per la separazione dei coniugi deve essere redatta in forma scritta dagli avvocati, che autenticano la firma autografa del cliente.

La negoziazione non può avere una durata inferiore ad un mese e superiore a 3 mesi ed impegna le parti a risolvere in buona fede e con lealtà la controversia.

Nel caso in cui venga raggiunto un accordo di separazione, la convenzione di negoziazione assistita è sottoposta al vaglio del Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente che, se non ravvisa, irregolarità comunica il nulla osta.

Ove via siano figli minorenni, incapaci, o portatori di handicap, la convenzione di negoziazione assistita va trasmessa entro10 giorni dall’accordo al Pubblico Ministero che autorizza, solo se è rispondente agli interessi dei figli.

La convenzione di negoziazione assistita munita del nulla osta è equiparata alla sentenza di separazione.

La convenzione deve essere trasmessa, a cura degli avvocati delle parti, entro 10 giorni all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune in cui il matrimonio è stato iscritto.

Ciò ai fini della sua annotazione sull’atto di matrimonio, registrazione e trascrizione nei Registri di stato civile.

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Separazione consensuale

Separazione consensuale

La separazione consensuale rientra nei procedimenti di volontaria giurisdizione, e rappresenta la scelta migliore per i coniugi che vogliano porre fine al loro vincolo  coniugale, conservando un rapporto responsabile anche nei confronti della prole.

Una volta depositato il ricorso per separazione consensuale presso la cancelleria del Tribunale le parti dovranno comparire una sola volta davanti al  giudice che, dato atto della loro volontà, provvederà ad emettere la sentenza di separazione sulla base del loro accordo.

Obbligo di convivenza e abbandono del tetto coniugale

L’obbligo di convivenza, tuttavia, permane fino a quando non sia pronunciata la separazione dal giudice, a meno che non si dimostri che prima ancora di tale momento si era verificata la crisi della coppia e i coniugi non avevano più rapporti.

L’ abbandono del tetto coniugale e la violazione del dovere di coabitazione comporta, di regola, l’ addebito della separazione nei confronti di chi lascia la casa familiare, per violazione dei doveri di assistenza morale e materiale.

I coniugi, mediante l’accordo sottoscritto nel ricorso, possono regolamentare anche questioni accessorie – che il tribunale giudizialmente non potrebbe risolvere – come per esempio prevedere trasferimenti immobiliari, disciplinano ogni questione relativa alla sospensione del vincolo matrimoniale

  • di carattere patrimoniale, dovendo garantirsi il mantenimento del coniuge debole, 
  • di carattere personale come l’assegnazione della casa coniugale, il diritto di visita, l’affidamento, l’istruzione ed il mantenimento della prole.

Per l’avvio del procedimento servono specifici documenti per la separazione consensuale e per quanto il Decreto Legge 132/2014 la Legge 55/2015 abbiano introdotte importanti novità per semplificare le procedure è sempre opportuno  rivolgersi ad un avvocato matrimonialista.

Ove, successivamente alla sentenza di separazione, ricorrano i presupposti è sempre possibile chiedere la modifica delle condizioni di separazione promuovendo relativo giudizio motivando e documentando la richiesta.

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Modifica condizioni di separazione

Modifica condizioni di separazione

Quanto è possibile chiedere la modifica delle condizioni di separazione

Le condizioni della separazione possono essere modificate su richiesta della parte interessata qualora intervengano nuove circostanze di fatto e di diritto rispetto al momento in cui i provvedimenti sono stati assunti.

Ciò può avvenire, per esempio, nel caso in cui uno dei due coniugi abbia perso il lavoro, ovvero uno dei figli si sia reso economicamente indipendente.

Per comprendere cosa succede quando il coniuge non versa gli alimenti sotto il profilo giuridico, bisogna tenere conto della reale situazione di impossibilità ad adempiere e delle conseguenze civili e penali che ne conseguono.

La modifica della sentenza di separazione non riguarda solo le vicende economiche dei coniugi separati, ma può riguardare anche l’affidamento dei figli, il diritto di  visita ed altri aspetti non patrimoniali della sentenza di omologa.

Come si chiede la modifica delle condizioni di separazione?

La modifica della sentenza di separazione è frequentemente relativa alle vicende patrimoniali dei coniugi separati e può avvenire in via bonaria, o essere rimessa al giudizio del magistrato.

Le modalità procedurali auspicabili per addivenire alla modificazione delle condizioni di separazione più convenienti avvengono con il raggiungimento di un accordo stragiudiziale.

Se i coniugi non sono d’accordo, è possibile chiedere la modifica del provvedimento che regola i rapporti patrimoniali, o altri  aspetti della sentenza ritenuti non più  attuali, con la proposizione di un ricorso giudiziale congiunto.

In entrambi i casi, la decisione giudiziale, come disposto dal nuovo articolo 473 bis n 29 del codice di procedura civile che sostituisce dall’articolo 710 codice di procedura civile, è assunta a tutela dei minori. 

Il giudizio di modifica delle condizioni di separazione

La riforma Cartabia ha introdotto sostanziali modifiche al diritto di  famiglia anche per quanto concerne la revisione delle condizioni di separazione e divorzio, con l’introduzione del su citato articolo.

Condizione essenziale per potere ricorrere in giudizio per la modifica delle condizioni di separazione e divorzio sono giustificati motivi relativi alla sopravvenienza di nuove circostanze.

Il giudizio di modifica delle condizioni di separazione è sempre relativo a provvedimenti a tutela dei minori in materia di contributi economici.

Vi è pertanto l’obbligo per il ricorrente di specificare e documentare il mutamento  delle sue condizioni economiche tali da non consentirgli più di far fronte alle condizioni pregresse.

Ciò è possibile sia sotto il profilo della riduzione del reddito derivante dalla sua attività lavorativa, sia sotto il profilo dell’incremento delle spese sostenute a causa, per esempio, di una malattia degenerativa.

Il giudice, in ogni caso, è tenuto a sentire entrambe le parti, potendo disporre anche l’assunzione di mezzi di prova al fine di accertare le reali esigenze di cambiamento e al termine del giudizio, provvede con decreto avente la natura di sentenza.

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Divorzio

Divorzio

Il divorzio, introdotto dalla Legge 898/1970 successivamente modificata dalla Legge  74/1987, è l’istituto giuridico disciplinato dall’articolo 149 del codice civile mediante il quale, quando è venuta meno la comunione spirituale e materiale di vita, i coniugi possono richiedere lo scioglimento, o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, a seconda che sia stato contratto con rito civile, o celebrato con  rito concordatario.

Divorzio e separazione

La differenza rispetto alla separazione legale è sostanziale, poiché con la prima i coniugi non pongono fine definitivamente al rapporto matrimoniale, ma ne sospendono gli effetti potendo vivere separati,

Infatti, soltanto con il divorzio il vincolo coniugale cessa di esistere, venendo meno i diritti e gli obblighi, di cui agli articoli 51, 143 e 149 del codice civile, discendenti dal matrimonio.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 171 del codice civile termina la destinazione del fondo patrimoniale dei coniugi, mentre ai sensi dell’articolo 230 bis del codice civile cessa la partecipazione dell’ex coniuge all’impresa familiare.

Tuttavia, quando dal matrimonio sono nati dei figli, se il divorzio rappresenta la fine di una progettualità della coppia nell’ambito della vita familiare, certamente non può e non deve esserlo nell’interesse della prole.  

Divorzio congiunto, o contenzioso e assegno divorzile

Il divorzio può essere congiunto quando vi sia accordo tra i coniugi su tutte le condizioni relative allo scioglimento/cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, oppure contenzioso quando manchi tale accordo.

In sede di divorzio la legge prevede la possibilità per le parti di scegliere le modalità con cui assolvere all’obbligo patrimoniale che un ex coniuge ha nei confronti dell’altro.

Ciò avviene con l’assegno divorzile o, in alternativa, con un’attribuzione in un’unica soluzione che può risolversi o con la corresponsione di una somma di denaro – da non dichiararsi ai fini dell’irpef – o mediante il trasferimento di un bene immobile, o di altro diritto reale.

Nel caso di liquidazione “una tantum è, però, necessario l’accordo delle parti e l’accertamento del tribunale sulla congruità della somma offerta.

Occorre tenere presente, inoltre, le problematiche legate all’assegnazione della casa coniugale ed è importante che i coniugi valutino e si pongano la domanda: casa coniugale: quando è possibile  o conviene venderla?

Questo, in particolare, qualora le spese divengano insostenibili e si corra il rischio di un pignoramento immobiliare sulla casa coniugale per mancato versamento dei canoni di mutuo.

Infine bisogna tenere conto  che ogni disposizione della sentenza di divorzio concernente l’affidamento dei figli e le questioni economiche può essere modificata, o revocata, dal Tribunale.

Ciò può avvenire su istanza di uno dei coniugi divorziati, qualora intervengano nuove circostanze di fatto e di diritto rispetto al momento in cui i provvedimenti sono stati assunti.

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Documenti necessari per il divorzio congiunto e giudiziale

Documenti necessari per il divorzio congiunto e giudiziale

Quali sono i documenti per il divorzio?

Documenti necessari per il divorzio congiunto e giudiziale: al ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio devono essere allegati i seguenti documenti:

  1. copia autentica della separazione, verbale + omologa (se consensuale), oppure  sentenza con attestazione passaggio in giudicato;
  2.  estratto per riassunto dell’atto di matrimonio rilasciato dal comune dove è stato celebrato;
  3. certificato di residenza di entrambi i coniugi;
  4. certificato di stato di famiglia di entrambi i coniugi.

Documenti per il divorzio giudiziale

Il divorzio giudiziale, presenta maggiori difficoltà rispetto al divorzio consensuale, con costi e tempi più lunghi, dovuti all’attività da espletare nella fase istruttoria e di trattazione della causa civile.

Pertanto, oltre ai documenti elencati nel paragrafo che precede, il ricorrente che intende chiedere lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio dovrà produrre:

  1. copia per controparte della documentazione prodotta;
  2. dichiarazione dei redditi, o dichiarazione sostitutiva in circoscrizione, relativa agli ultimi 3 anni.      

 

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Diritto di Famiglia

Documenti necessari per la separazione giudiziale

Documenti necessari per la separazione giudiziale

Al  ricorso per la separazione giudiziale devono  essere allegati i  seguenti  documenti:

1-estratto per riassunto dell’atto di matrimonio rilasciato dal comune dove è stato celebrato (o in mancanza un semplice certificato di matrimonio sempre del luogo ove è stato celebrato il matrimonio con riserva di produrre l’estratto in prima udienza);

2-certificato di residenza di entrambi i coniugi;

3-certificato di stato di famiglia di entrambi i coniugi;

4-dichiarazione dei redditi (o dichiarazione sostitutiva in circoscrizione) relativa agli ultimi 3 anni;

5-copia per controparte della documentazione prodotta (esclusi i certificati anagrafici).

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Diritto di Famiglia

Documenti necessari per la separazione consensuale

Documenti necessari per la separazione consensuale

Al  ricorso congiunto per la separazione dei  coniugi devono  essere allegati i  seguenti  documenti:

1-nota di iscrizione + ricorso di  separazione consensuale;

2-procedura onerata dal pagamento del contributo unificato di 43,00 euro da apporre sulla nota di iscrizione;

3-stratto per riassunto dell’atto di matrimonio rilasciato dal comune dove è stato  celebrato 

4-certificato di residenza di entrambi i coniugi;

5-certificato di stato di famiglia di entrambi i coniugi, oppure certificato cumulativo di  ciascuno per residenza e stato di famiglia