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Studio Legale Sposato

Studio Sposato

Studio Legale Sposato

Studio legale specializzato in diritto civile

Studio legale Sposato per Diritto ereditario e Risarcimento danniLo Studio Legale Sposato, è stato fondato nel 1949 dall’Avv. Francesco Sposato, il più giovane avvocato d’Italia, decano dell’Ordine degli Avvocati e allievo del Prof. Francesco Carnelutti.

Dal 2001 lo Studio è guidato dal figlio, Avvocato Gianluca Sposato, eletto miglior Avvocato nel settore del Diritto delle Assicurazioni da Top Legal

Lo Studio Legale Sposato opera nel settore del diritto civile e, nel corso degli anni, si è specializzato nel risarcimento del danno,  diritto immobiliare e diritto ereditario.

Risarcimento danni fisici e morte in incidente stradale

L’Avvocato Francesco Sposato è stato uno dei giuristi più rappresentativi della capitale.

Unanimemente riconosciuto leader indiscusso dell’ infortunistica stradale per il risarcimento di danni fisici incidente stradale e morte incidente stradale.

All’inizio del 1950, con l’avvento dell’industria automobilistica, gli incidenti  stradali con feriti gravi imposero nuove norme e studi approfonditi nel diritto assicurativo.

L’intervento di avvocati esperti nella responsabilità civile per danni da circolazione stradale è  indispensabile in lesioni per incidente stradale e per omicidio stradale

Lo Studio Legale Sposato è un punto di riferimento nazionale per gli operatori di  diritto interessati  alle tematiche del danno alla persona in ambito di circolazione stradale.

Con condanne contro le assicurazioni anche oltre il limite di polizza assicurato per il danneggiato e familiari delle vittime della strada.

Valutazione del caso ed individuazione della normativa applicabile

La missione dello Studio Legale Sposato, nel corso di una lunga e consolidata tradizione ed esperienza, vede la soddisfazione del cliente come suo obiettivo.

L’attività prestata dall’avvocato rientra nell’opera intellettuale, configurandosi come obbligazione di mezzi e non di risultato.

L’elemento distintivo e caratterizzante dello Studio Legale Sposato è la capacità di risolvere il problema del cliente.

Ciò grazie ad una valutazione preliminare del caso e dettagliata spiegazione delle norme e della legislazione applicabile per la soluzione del caso proposto.

Conferimento dell’incarico e tariffe forensi

Il primo incontro con il cliente avviene di regola a studio.

E’ possibile anche richiedere un parere legale scritto via mail, o prenotare una consulenza telefonica e video conferenza tramite il sistema Assistenza Legale24h 

La prima consulenza è volta a chiarire la questione giuridica proposta dal cliente, con esame del caso e della documentazione.

Ciò al fine di potere fornire un quadro d’insieme completo ed esauriente che chiarisca ogni dubbio in termini legali.

La nostra serietà, con una percentuale pressoché assoluta di vittorie, è determinata dal fatto che, all’esito dello studio, valutiamo se assumere, o meno, l’incarico.

A tal fine, operando con la massima trasparenza, sottoponiamo un preventivo scritto secondo le tariffe forensi vigenti nell’interesse del nostro assistito.

Risoluzione di controversie legali

Lo Studio Legale Sposato ha acquisito una vasta esperienza e notevoli competenze nella risoluzione delle controversie legali in ambito civile.

Ciò che costituisce il valore aggiunto ed il principale vantaggio per il cliente è il modo di intendere l’assistenza legale, finalizzata al raggiungimento del risultato.

Tutto ciò è parte integrante ed elemento fondante di un processo in cui il cliente viene informato, prima e dopo ogni attività da intraprendere nel suo interesse.

In adempimento del mandato, basato sul rapporto di fiducia e trasparenza, il nostro cliente viene assistito e consigliato per tutelare i propri diritti.

Gestione diretta dell’incarico legale tra avvocato  e cliente

L’Avvocato Gianluca Sposato, ha dato una impronta moderna ed innovativa pur mantenendo inalterata la concezione ed il ruolo sociale dell’Avvocato nella sua migliore accezione del termine.

Più volte Presidente dell’esame di Stato per Avvocato a Roma è riconosciuto tra i migliori avvocati civilisti della capitale, apprezzato per le sue indiscusse doti umane e capacità giuridiche.

Privilegia sempre il rapporto diretto con il cliente, seguendo personalmente ogni caso, nel rispetto dell’obbligo del segreto di riservatezza delle questioni trattate.

Lo Studio si occupa prevalentemente di questioni familiari, rapporti tra eredi, risarcimento del danno per gravi incidenti stradali, responsabilità medica, perdita del rapporto parentale.

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Responsabilità civile medica

Obbligo di sorveglianza sulla salute

Obbligo di sorveglianza sulla salute

In tema di responsabilità professionale medica, è da precisare che se l’intervento operatorio in senso stretto può ritenersi concluso con l’uscita del paziente dalla camera operatoria, sul sanitario grava comunque un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato anche nella fase post-operatoria.

Tale obbligo, rientrante fra quelli di garanzia, discende non solo da norme, scritte e non, ma anche dal contratto d’opera professionale, di tal che la violazione dell’obbligo comporta responsabilità civile e penale per un evento causalmente connesso ad un comportamento omissivo ex art. 40, comma 2 del codice penale.

Danni nella fase post operatoria

Ciò vuol dire che il sanitario, anche nella fase post-operatoria, avendo l’obbligo di sorveglianza sul paziente, ha comunque l’obbligo di informarlo correttamente ed adeguatamente nel caso in cui dall’intervento, risoltosi positivamente per lo scopo principale per cui era stato disposto, sia tuttavia derivato un danno collaterale fisico.

Essendo l’attività medica attività professionale, è richiesta la diligenza qualificata ex art. 1176 c.c. comma 2° per cui il medico e/o il chirurgo risponde anche per colpa lieve; tale principio generale va applicato sia nella responsabilità contrattuale che in quella extracontrattuale (fatto illecito).

Parere gratuito per casi di malasanità

Per richiedere una consulenza per errato intervento medico, o negligenza dei sanitari, lo Studio Legale dell’Avv. Gianluca Sposato, fondato nel 1949, offre una valutazione gratuita del  caso  al  fine di individuare, per il tramite dei propri consulenti medici legali esperti in malpractice, se ricorrano  le condizioni per intraprendere azione di risarcimento danni a tutela dei  diritti delle vittime della malasanità.

L’Avv. Gianluca Sposato è Presidente di Adism – Associazione Difesa Infortunati  e Malasanità,  che ha ricevuto  l’apprezzamento  della Presidenza del Consiglio  dei Ministri per l’attività a sostegno dei danneggiati  da gravi incidenti ed è considerato tra i massimi esperti  a livello nazionale in  materia di responsabilità  civile e risarcimento  del danno.

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Responsabilità civile medica

Obbligo di adempimento del sanitario

Obbligo di adempimento del sanitario

L’articolo 1210 del codice civile, in tema di responsabilità contrattuale, pone a carico del debitore, nella specie del medico chirurgo, l’obbligo dell’esatto adempimento.

Per quanto concerne l’errato intervento e l’onere della prova, il paziente che agisce in giudizio deducendo di aver subito un danno, deve provare soltanto il contratto ed allegare l’inadempimento del sanitario.

Sussiste, conseguentemente, presunzione di colpa a carico del sanitario su cui grava l’onere della prova liberatoria per aver usato la massima diligenza al fine di evitare il danno.

Colpa medica ed interventi di speciale difficoltà

Per il prestatore d’opera intellettuale è tuttavia prevista, nella responsabilità contrattuale con presunzione di colpa a carico del sanitario, la limitazione sancita dall’art. 2236 del  codice civile.

Per l’obbligo di adempimento del sanitario, in caso di prestazione attinente a problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera risponde soltanto per colpa grave, o dolo.

La soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà è da riscontrarsi laddove il caso non sia stato in precedenza adeguatamente studiato, o sperimentato.

Oppure quando nella scienza medica siano stati discussi sistemi diagnostici, terapeutici e di tecnica chirurgica diversi ed incompatibili tra loro.

Rischi legati all’intervento chirurgico

Il margine di rischio, connesso ad ogni intervento chirurgico, non riguardando l’esecuzione della prestazione e la sua modalità perché connesso alla patologia su cui si interviene, non può essere ritenuto sufficiente a considerare di particolare e rilevante difficoltà lo stesso intervento, soprattutto se esaminato da solo.

L’articolo  2236 del codice civile prevede una responsabilità contrattuale attenuata limitata soltanto alla perizia.

Con esclusione della prudenza e della diligenza per le quali il professionista, medico chirurgo che abbia sbagliato, risponde normalmente anche per colpa lieve in relazione all’art. 1176, 2° comma del codice civile.

Valutazione del caso di responsabilità medica

Lo Studio Legale dell’Avv. Gianluca Sposato , Presidente di Adism, Associazione Difesa Infortunati  e Malasanità, fornisce la valutazione del caso di malasanità nella fase relativa al parere per la responsabilità del sanitario.

Lo Studio Legale Sposato, fondato nel 1949, è specializzato in responsabilità civile per lesioni gravi e danno da perdita del rapporto parentale.

La nostra esperienza consolidata nella materia della responsabilità medica e collaborazione con i migliori medici legali garantiscono affidabilità e risultato in caso di mancato obbligo di adempimento del sanitario.

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Responsabilità civile medica

Errato intervento e onere della prova

Errato intervento e onere della prova

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Obbligo di sorveglianza nella fase post operatoria

In tema di responsabilità professionale medica, è da precisare che se l’intervento operatorio in senso stretto può ritenersi concluso con l’uscita del paziente dalla camera operatoria, sul sanitario grava comunque un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato anche nella fase post-operatoria.

Tale obbligo, rientrante fra quelli di garanzia, discende non solo da norme, scritte e non, ma anche dal contratto d’opera professionale, di tal che la violazione dell’obbligo comporta responsabilità civile e penale per un evento causalmente connesso ad un comportamento omissivo.

Diligenza qualificata del chirurgo nella fase operatoria

Essendo l’attività medica attività professionale, è richiesta la diligenza qualificata ex art. 1176 del codice civile comma 2° per cui il medico e/o il chirurgo risponde anche per colpa lieve a prescindere dal concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale (fatto illecito).

Obbligo di esatto adempimento del medico

Nella responsabilità contrattuale, peraltro, è posto (art. 1218 c.c.) a carico del debitore (nella specie del medico chirurgo) l’obbligo dell’esatto adempimento.

Sicché il paziente che agisce in giudizio deducendo di aver subito un danno deve provare soltanto il contratto ed allegare l’inadempimento del sanitario.

Sussiste, conseguentemente, presunzione di colpa a carico del sanitario su cui grava l’onere della prova liberatoria per aver usato la massima diligenza al fine di evitare il danno.

Quando il medico risponde per dolo, o colpa grave?

Per il prestatore d’opera intellettuale è tuttavia prevista, nella responsabilità contrattuale con presunzione di colpa a carico del sanitario, la limitazione sancita dall’art. 2236 del codice civile per cui, in caso di prestazione attinente a problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera risponde soltanto per colpa grave, o dolo.

La soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà è da riscontrarsi laddove il caso non sia stato in precedenza adeguatamente studiato o sperimentato, o quando nella scienza medica siano stati discussi sistemi diagnostici, terapeutici e di tecnica chirurgica diversi ed incompatibili tra loro.

Il margine di rischio, connesso ad ogni intervento chirurgico, non riguardando l’esecuzione della prestazione e la sua modalità perché connesso alla patologia su cui si interviene, non può essere ritenuto sufficiente a considerare di particolare e rilevante difficoltà lo stesso intervento, soprattutto se esaminato da solo.

Quando il medico risponde per imperizia, imprudenza, o negligenza?

La responsabilità contrattuale attenuata d cui all’art. 2236 del codice civile è limitata soltanto alla perizia con esclusione della prudenza e della diligenza per le quali il professionista risponde normalmente anche per colpa lieve in relazione all’art. 1176, 2° comma del codice civile.

Con l’entrata in vigore della Legge numero 24 del 2017,  conosciuta come Legge Gelli, il medico che opera all’interno di una struttura sanitaria può essere chiamato a rispondere del proprio operato nei confronti del paziente solo a titolo extracontrattuale, mentre la responsabilità contrattuale resta esclusivamente a carico della struttura stessa e per il sanitario che ha assunto un’obbligazione diretta con il paziente.

Come provare la colpa medica?

Circa l’onere della prova nella colpa medica il danneggiato che intende agire in giudizio nei confronti del medico ospedaliero per ottenere il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’errato intervento, o del trattamento al quale si è sottoposto, ha l’onere di provare non soltanto la lesione subita, ma anche la condotta colposa del medico ed il nesso di causalità tra la condotta colposa e la lesione.

Il paziente che si rivolge alla struttura, invece, deve provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della sua situazione patologica, ovvero l’insorgenza di una nuova patologia e la condotta, o l’omissione dei sanitari.

Data questa prova, è la struttura sanitaria che deve dimostrare che l’inesatta esecuzione della prestazione sia derivata da una causa imprevedibile e inevitabile.

L’esame preliminare del caso, per riscontrare se sussiste responsabilità medica, fornito dal nostro studio legale è gratuito.

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Responsabilità civile medica

Consenso informato

Consenso informato

Diritto alla salute del paziente

Il diritto alla salute è tutelato dall’art. 32 della Costituzione, per cui nessun individuo può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, avendo diritto a ricevere tutte le informazioni disponibili sulla propria salute e la propria malattia, dovendo essere messo in condizione di avere la possibilità di scegliere, in modo informato, se sottoporsi a una determinata terapia, o esame diagnostico.

Nessun trattamento medico può avvenire senza il consenso del paziente

Nessun trattamento sanitario può essere effettuato contro la volontà ed il consenso del paziente, se questi è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità.

A ciò è dovuto il riconoscimento del diritto inviolabile di autodeterminazione del paziente costituzionalmente garantito ed autonomamente protetto, prescindendo da altri eventuali danni.

Il consenso informato si pone dunque, dal punto di vista del paziente come la manifestazione di volontà che questi esprime liberamente in ordine ad un trattamento sanitario cui  deve sottoporsi.

Sotto il profilo medico, invece, costituisce il fondamento della liceità dell’attività  sanitaria,  in assenza del quale, la stessa si raffigura come reato, relativamente all’obbligo di adempimento del sanitario.

L’informazione relativa al trattamento medico

L’autodeterminazione è connessa alla informazione del sanitario, che questi ha l’obbligo di fornire direttamente al paziente prima di intraprendere l’atto operatorio con obbligo di sorveglianza sulla salute.

L’onere probatorio circa una informazione corretta, esaustiva con precisazione dei rischi e delle diverse possibili procedure resta a carico del sanitario, il quale non può ritenere assolto il proprio obbligo neanche quando il paziente ha sottoscritto un modulo per il consenso informato redatto in maniera sintetica e non dettagliata.

Cosa deve contenere il consenso l’informativa sanitaria?

L’informazione, quindi, deve essere relativa alla natura dell’intervento medico chirurgico, alla sua portata ed estensione, ai rischi, ai risultati conseguibili, alle possibili conseguenze negative, alla possibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso altri interventi ed ai rischi di questi ultimi.

Ove, in mancanza di un’adeguata informazione, il paziente subisca, a seguito dell’intervento chirurgico, un danno fisico (lesione), con la responsabilità contrattuale del chirurgo, stante in vizio del contratto relativo al consenso, concorre la responsabilità extracontrattuale della struttura sanitaria per fatto illecito in relazione alla lesione causata alla salute.

 

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Risarcimento del Danno

Danno tanatologico

Danno tanatologico

danno tanatologico

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Cosa è il danno tanatologico?

Quando una persona viene uccisa i familiari hanno diritto al risarcimento del danno per la morte del loro congiunto, per il fatto illecito che è stato compiuto.

Il danno tanatologico, o danno da morte, è il danno connesso alla perdita della vita, dovuto ai familiari di chi è vittima del reato di omicidio.

Il risarcimento del danno da morte, nel nostro ordinamento giuridico, svolge una funzione compensativa ed è un danno riflesso con i connotati del danno morale e danno esistenziale.

A tal uopo bisogna distinguere il danno patito direttamente dagli eredi del defunto  per la privazione del rapporto affettivo, danno di tipo morale,  che è un danno iure proprio.

Al danno iure proprio può sommarsi il danno iure hereditatis, ovvero quello  acquisito dalla vittima nel caso di sua lucida agonia prima del decesso ed il danno  biologico, ove la sofferenza abbia causato una lesione permanente.

La funzione riparatoria risponde alla norma dell‘articolo 2043 del codice civile, per cui chiunque cagiona ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo.

Il danno subito dai familiari della vittima del reato si concreta non solo nella privazione del rapporto affettivo con il proprio congiunto, ma nel caso di lucida agonia, si trasmette agli eredi anche il danno patito dalla vittima. 

Il danno da morte iure herediario per essere riconosciuto ai familiari è subordinato alla prova della lucida agonia, che incide anche sulla misura del risarcimento.

Quando spetta il danno da morte?

Si ha diritto al risarcimento del danno da morte in presenza di un fatto illecito.

II fatto illecito che determina nei parenti della vittima il diritto al risarcimento per il danno da morte è costituito dal reato di omicidio, che può trarre origine da diverse ipotesi.

Si pensi all’errore medico che ha causato il decesso del paziente per responsabilità civile medica e al caso, purtroppo assai frequente, di omicidio stradale.

Il danno tanatologico è un danno non patrimoniale per la morte di un familiare e la perdita del rapporto parentale, che la giurisprudenza configura come danno-conseguenza e non come danno-evento.

Questo significa che il danno tanatologico non spetta automaticamente ai familiari, sul solo presupposto del rapporto di parentela, ma è subordinato alla prova della privazione del legame affettivo con la vittima del reato.

In caso di incidente stradale mortale gli importi da liquidare agli eredi seguono i criteri ed i parametri adottati dalla Tabelle del Danno da Morte dei tribunali di Roma e di Milano.

Come provare il danno da morte?

L’articolo 2059 del codice civile non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva del danno non patrimoniale per l’uccisione del congiunto, ma consente la riparazione dei danni non patrimoniali nei casi determinati dalla legge.

Ciò sul presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’articolo 2043 del  codice civile, norma cardine in tema di responsabilità civile.

Le argomentazioni fatte proprie dalla dottrina che è propensa a riconoscere la autonoma risarcibilità del danno da perdita della vita, sono essenzialmente le seguenti:

  1. il diritto alla vita, in quanto fondamentale ed imprescindibile diritto dell’uomo, necessita di adeguata tutela
  2. negare la risarcibilità del danno tanatologico porta a concludere che, dal punto di vista del danneggiante, è più conveniente uccidere che ferire
  3. la tutela risarcitoria è la tutela minima riconosciuta a qualunque diritto, pertanto, va a maggior ragione riconosciuta al supremo ed inviolabile diritto alla vita.

Un sistema che riconosce rilevanza a lesioni di lieve entità del diritto alla salute e nega tutela alla lesione del diritto alla vita produce irragionevoli storture ed iniquità.

Dunque, per provare il danno tanatologico occorre provare la sofferenza per la privazione del legame affettivo con il proprio familiare ucciso.

Tale prova può essere desunta anche presuntivamente in base all’intensità del legame affettivo, come nel caso di marito e moglie, madre e figlio, padre e figlio.

Risarcimento del danno da morte

Per quanto si ponga in contrasto con il comune sentire, per la Cassazione la mera relazione di consanguineità non è da sola sufficiente ad integrare il danno risarcibile.

Grava sui congiunti l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto (Cassazione, Sezione III, n. 12200/2019).

Tale principio si pone in contrasto con quanto stabilito dall’articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo.

La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Né è possibile deprezzare la vita umana, con elaborazioni dottrinali ed “escamotages” giurisprudenziali al fine di non corrispondere alcun risarcimento ai familiari superstiti.

Si pensi ai nonni che vengono privati dell’affetto dei nipoti, o ai fratelli che vivono in città diverse.

Si tratta di circostanze che testimoniano la necessità di ammettere la diretta risarcibilità del bene vita in favore di chi l’ha perduta in conseguenza del fatto illecito.

Avvocato per danno da morte

Il fatto che non sia scontato ottenere giustizia riparatoria, tanto in sede penale per l’accertamento del reato, quanto in sede civile per il risarcimento del danno, impone di avvalersi di un avvocato esperto in danno da morte.

Il danno da perdita parentale passa attraverso tecnicismi che richiedono competenza specifica nel ramo del diritto civile, in particolare della responsabilità civile per il risarcimento agli eredi del danno da morte.

Basti pensare alla distinzione tra il danno da perdita parentale, in quanto danno riflesso e l’eventuale danno biologico autonomo che la perdita, o lesione, abbia ulteriormente cagionato al danneggiato.

Infatti la morte di un prossimo congiunto può causare nei familiari superstiti, oltre al danno parentale, consistente nella perdita del rapporto e nella sofferenza soggettiva correlata, anche un danno biologico, in presenza di effettiva compromissione dello stato di salute fisica o psichica accertata.

Invece deve escludersi che possano essere liquidati sia il danno da perdita del
rapporto parentale che il danno esistenziale, poiché il primo già comprende lo
sconvolgimento dell’esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca.

L’Avvocato Gianluca Sposato, è tra i massimi esperti a livello nazionale per danno da morte, forte di una esperienza ultratrentennale per il risarcimento del danno tanatologico e presta assistenza legale ai fini risarcitori in tutta Italia.

 

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Risarcimento del Danno

Danno patrimoniale

Danno patrimoniale

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Cosa è il danno patrimoniale?

Il danno patrimoniale consiste nella lesione di un interesse patrimoniale da cui scaturisce un danno risarcibile.

All’interno di questa categoria bisogna distinguere due distinte ipotesi di risarcimento danni e, dunque, due tipologie di danno patrimoniale:

  1. il danno emergente” valutabile in termini di diminuzione del patrimonio 
  2. il “lucro cessante” apprezzabile in termini di mancato guadagno determinato dal fatto dannoso.

Pertanto  il danno risarcibile attiene esclusivamente alla sfera economica del danneggiato, a differenza del danno non patrimoniale.

Quest’ultimo include, invece, tutti i pregiudizi non immediatamente quantificabili economicamente, quali la sofferenza interiore, l’invalidità fisica e psichica, il peggioramento della qualità della vita.

Quando spetta il danno patrimoniale?

Il danno al patrimonio del danneggiato viene comunemente definito come atipico.

Ciò sul presupposto del principio generale dettato dall’articolo 2043 del codice civile, essendo sufficiente per il suo risarcimento un danno ingiusto, ovvero la lesione di un diritto, o di un interesse protetto.

Il primo problema da affrontare in tema di risarcimento del danno riguarda sempre il nesso di causalità, ovvero il rapporto di causa ed effetto tra evento e danno.

I danni, ai sensi dell’articolo 1223 del codice civile, sono risarcibili se costituiscono la conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento verificatosi.

Pertanto il danneggiato è tenuto a fornire la prova sia del fatto storico che dell’entità del danno patrimoniale lamentato.

In relazione alla prova del danno patrimoniale, la legge consente il ricorso alle presunzioni semplici ai sensi dell’ articolo 2727 del codice civile, potendo il giudice trarre conseguenze dal fatto noto per risalire a fatto ignoto.

Il danno emergente, risarcimento per equivalente e in forma specifica

Il danno emergente è il danno che comporta una immediata diminuzione del patrimonio del soggetto leso.

Esistono due tipologie di risarcimento del danno emergente:

  1. il risarcimento per equivalente
  2. il risarcimento in forma specifica

Il risarcimento per equivalente consiste nell’attribuzione al danneggiato di una somma di danaro.

La finalità è quella di compensare il valore del bene distrutto, senza, però, ripristinare la situazione antecedente all’accadimento.

Il risarcimento in forma specifica, invece, è il mezzo attraverso il quale il danneggiato ottiene la reintegra del bene distrutto, o della situazione giuridica lesa.

In tal modo la finalità è quella che venga ripristinata la situazione preesistente all’atto illecito.

Il lucro cessante e l’equo apprezzamento 

Il lucro cessante è il guadagno che il soggetto colpito dall’illecito avrebbe potuto conseguire e che, invece, a causa dell’evento dannoso sofferto, non ha potuto realizzare.

Ai sensi dell’articolo 2056 secondo comma del codice civile il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.

La quantificazione del mancato guadagno, infatti, non può essere accertata, differentemente da quella relativa al danno emergente.

Tuttavia, il danno da lucro cessante, per consolidato orientamento  giurisprudenziale (Cassazione civile n. 10750/2020) è risarcibile anche su prova indiziaria, non necessitando necessariamente di una prova documentale.

Questo significa che il lucro cessante deve essere risarcito quando il creditore avrebbe conseguito un vantaggio se l’illecito non fosse stato commesso, sulla base della proiezione di situazioni già esistenti, che possono fornire prova indiziaria.

Come provare il danno patrimoniale?

Il danno al patrimonio deve essere provato attraverso documentazione che comprovi il mancato guadagno e/o la riduzione della capacità lavorativa.

Nel caso di menomazione della capacità lavorativa la dichiarazione dei redditi del danneggiato costituisce il parametro di riferimento per il relativo computo.

Per questo motivo il giudice, solo dopo che il danneggiato ha provato l’esistenza del danno emergente, può valutare con equo apprezzamento l’entità del lucro cessante.

Ossia del così definito mancato guadagno e, quindi, conferirgli un valore economico, in via del tutto equitativa, o sulla scorta di calcoli predeterminati.

Se da un lato la documentazione prodotta da chi ha avuto un danno risulta fondamentale per determinare l’entità del danno emergente, maggiori problemi  sorgono per il  lucro cessante.

Il ricorso alle presunzioni legali per il mancato guadagno che l’evento lesivo ha causato, deve essere sempre supportato da attività probatoria che consenta di potere risalire dal fatto noto al fatto ignorato.

Calcolo danno patrimoniale

Il calcolo del danno patrimoniale è un’operazione complessa, in considerazione di tutte le sue componenti e variabili.

Se pensiamo a chi ha perso la capacità di guadagno è inevitabile considerare che il danneggiato lavorando di meno, guadagna di meno e versa meno contributi pensionistici.

Con la conseguenza che, se andrà in pensione, avrà un trattamento pensionistico minore rispetto a quello di cui avrebbe beneficiato se avesse conservata integra la sua capacità di guadagno.

Il calcolo del danno patrimoniale per la menomazione della capacità lavorativa tiene conto di tre parametri:

  • Il danno biologico, ovvero l’incidenza del danno biologico sulla capacità di produrre reddito, dunque si tiene conto del punteggio di invalidità permanente che incide sulla capacità lavorativa.
  • L’età del danneggiato e, di conseguenza, la durata del periodo di menomazione della capacità di produrre reddito.
  • Il reddito del danneggiato precedente all’evento lesivo, da prendere come riferimento o, in mancanza, il triplo della pensione sociale.

Per il calcolo del danno patrimoniale si moltiplica il reddito del danneggiato per il coefficiente di capitalizzazione per il punteggio di invalidità permanente che incide sulla capacità di produrre reddito.

Avvocato per risarcimento del danno patrimoniale

Dati i tecnicismi e le difficoltà di provare il danno patrimoniale, soprattutto nel caso  del lucro cessanteperdita di chances, per chi ha avuto un grave danno finanziario la scelta dell’Avvocato è fondamentale.

L’Avvocato esperto in danno patrimoniale, oltre ad essere specializzato nella materia della responsabilità civile e del risarcimento del danno, ha capacità di analisi finanziaria e revisione contabile.

L’Avvocato Gianluca Sposato è rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati e Revisore dei Conti dell’ISLE Istituto per la Documentazione e gli Studi Legislativi, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

E’ considerato tra i massimi esperti in ambito nazionale per il risarcimento del danno alla persona, in tutte le sue componenti patrimoniali, non patrimoniali e segue personalmente solo casi rilevanti in tutta Italia.

 

 

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Risarcimento del Danno

Danno non patrimoniale

Danno non patrimoniale

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Cos’è il danno non patrimoniale?

Il danno non patrimoniale consiste nella violazione di diritti della persona costituzionalmente garantiti, non suscettibili di valutazione economica, causati da un fatto illecito.

Viene qualificato dal legislatore come danno tipico perché, in base all’articolo 2059 del codice civile, può essere risarcito solo nei casi previsti dalla legge.

La fattispecie è diversa da quella di cui all’articolo 2043 del codice civile che obbliga chiunque procura ad altri un danno ingiusto a risarcirlo.

I pregiudizi di tipo non patrimoniale possono essere di natura contrattuale, o extracontrattuale.

Dallo stesso evento dannoso possono scaturire danni patrimoniali e danni non patrimoniali.

Come nei sinistri stradali, con danni all’autovettura e lesioni che, tra l’altro, possono ridurre anche la capacità di guadagno.  

Danno non patrimoniale e diritti costituzionalmente garantiti

Il danno non patrimoniale identifica pregiudizi che derivano dalla lesione dei diritti della persona costituzionalmente garantiti, che non hanno immediato rilievo economico.

Il danno morale, quale turbamento transeunte dello stato d’animo, non troverebbe tutela costituzionale, non identificandosi con il diritto alla salute, pur essendone una componente.

Il danno biologico, la lesione psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che incide nel quotidiano e sulle relazioni, fonda le radici nell’articolo 32 della Costituzione.

Il danno esistenziale compromette la possibilità di svolgere le attività che realizzano la persona umana ed è garantito dall’articolo 2 della Costituzione.

Il riconoscimento costituzionale di tali diritti esige la tutela, tra gli altri, oltre che del diritto alla salute, del diritto all’onore e alla reputazione.

Diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti sono anche la libertà di stampa, di associazione e di circolazione.

Il diritto all’intangibilità della sfera affettiva in ambito familiare, con conseguente risarcibilità del danno non patrimoniale sofferto a seguito della morte di un congiunto. 

Danno non patrimoniale e danno biologico

Il danno biologico e quello dinamico-relazionale costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e, pertanto, sono tutti danni risarcibili.

All’attuale nozione di danno non patrimoniale risultano riconducibili il cosiddetto danno biologico, il danno morale, e il cosiddetto danno esistenziale.

Il danno biologico trova fondamento nell’articolo 32 della Costituzione, che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e garantisce cure gratuite agli indigenti.  

Il danno morale, che consiste nella sofferenza causata da un illecito, non può non assurgere al medesimo rango, se solo pensiamo al danno tanatologico.

Vi è, poi, il danno dinamico relazionale, come compromissione della dimensione esistenziale della persona, che per alcuni godrebbe di una propria autonomia.

Pregiudizio derivante dal peggioramento della qualità di vita, o necessità di adottare uno stile differente rispetto al passato, non necessariamente legato al danno biologico.

Il danno dinamico relazionale, in ogni caso, deve reputarsi risarcibile soltanto qualora sia accertata la lesione di un diritto inviolabile.

Lesione tale da dare luogo, comunque, a una ingiustizia costituzionalmente qualificata, fondata sull’articolo 2 della Costituzione.

Il risarcimento del danno non patrimoniale

Il pregiudizio non patrimoniale si identifica con la perdita di utilità non suscettibile di immediata valutazione economica.

Per cui il risarcimento del danno avviene, necessariamente, con giudizio equitativo.

Il risarcimento, in caso di lesioni, deve essere integrale, tenendo conto degli interessi costituzionalmente protetti.

La riparazione svolge una funzione sanzionatoria e satisfattiva e riguarda il danno biologico, all’interno del quale è ricompreso il danno morale e il danno esistenziale.

Oggetto del danno non è l’esatta compensazione di un valore monetario relativo alla perdita economica subita, non potendo attribuirsi al danno all’immagine, o alla salute.

Il risarcimento, dunque, adempie a una sorta di reintegrazione che soddisfa una perdita valutabile economicamente soltanto in via equitativa da parte del giudice. 

Calcolo del danno non patrimoniale

Il calcolo del danno non patrimoniale deve tenere conto della sintesi descrittiva dei molteplici aspetti che assume l’unitaria categoria dei pregiudizi non patrimoniali.

Tale determinazione per il calcolo del danno dà luogo, poi, ad i più accesi dibattiti e contrasti giurisprudenziali, sulla scorta di tecnicismi ed alternanza di orientamenti.

Innanzi tutto, la liquidazione del danno deve avvenire solo nei casi previsti dalla legge, come stabilisce l’articolo 2059 del codice civile.

In secondo luogo, ai fini del risarcimento, deve trattarsi di diritti inviolabili dell’individuo, che trovino tutela costituzionale.

Infine, la liquidazione del danno non patrimoniale deve avvenire in via equitativa, ovvero per equivalente, non trattandosi di danno patrimoniale. 

Ciò, anche in ipotesi di responsabilità da inadempimento della prestazione, di cui all’articolo 1218 del codice civile, relativamente alla risarcibilità del danno non patrimoniale contrattuale.

La condanna al risarcimento del danno non può, in ogni caso, mai prescindere dall’accertamento della gravità della lesione di un diritto della persona costituzionalmente garantito.

Il calcolo del danno non patrimoniale quando è relativo alla menomazione dell’integrità psico fisica della persona avviene con la Tabella del danno biologico.

 

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Danno morale

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Cos’è il danno morale?

Il danno morale è definito dalla giurisprudenza come “l’ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato, o anche nel patema d’animo, o stato d’angoscia transeunte generato dall’illecito” (Cass. n. 10393/2002).

Non tutti i soggetti danneggiati possono chiedere il risarcimento danni morali, essendo sottoposto a limiti molto stringenti quali la prova della sofferenza.

Infatti difficilmente i giudici lo concedono a priori, senza cioè la prova di un pregiudizio serio che si è subito, a meno che non si tratti di lesioni gravi o gravissime.

In altri termini i danni morali scattano solo quando l’illecito è particolarmente grave e compromette dei diritti fondamentali della persona che sono  costituzionalmente garantiti.

Il risarcimento dei danni morali avviene se c’è prova del danno e se la lesione riguarda un diritto costituzionale, o un bene fondamentale della persona come  la salute, la riservatezza, la reputazione.

Come provare il danno morale?

Il pregiudizio di tipo morale oggi, per giurisprudenza costante, viene largamente inteso come la sofferenza interiore dell’individuo, il dolore provato a causa di un fatto illecito subìto. 

Si pensi al caso dell’incidente stradale a pedone che abbia riportato delle lesioni fisiche gravissime con la perdita funzionale dell’uso delle gambe, per cui sia rimasto in sedia a rotelle, o agli incidenti sul lavoro.

In casi di particolare gravità ed evidenza è possibile ricorrere alle presunzioni legali per attestare l’esistenza dei danni morali, ovvero della sofferenza patita per il fatto illecito.

Per avere diritto al risarcimento dei danni morali, che secondo la giurisprudenza più recente ha una sua propria autonomia, è opportuno sempre documentare i patemi subiti.

Quando viene risarcito il danno morale?

Il danno morale viene risarcito in presenza di dolore e sofferenza causati al danneggiato da un fatto illecito.

Nella categoria più ampia del danno biologico, inteso quale menomazione dell’integrità  fisio-psichica della persona, sono ricomprese anche le degenerazioni psichiche.

Tali degenerazioni, ravvisabili non solo nell’umore depresso ma in una alterazione mentale che genera dolore rientrano nel danno morale soggettivo, o danno biologico dinamico.

Il pregiudizio di tipo morale spetta in tutti i casi in cui vi sia la lesione di un interesse costituzionalmente garantito, come nel caso del diritto alla salute, o violazione di un diritto fondamentale dell’essere umano.

Il danno morale subiettivo puro viene inteso come sofferenza psichica in sé per sé considerata, che non degenerata in patologia, a prescindere dalla sua durata.

Il calcolo del danno morale avviene in misura percentuale sul danno biologico.

La liquidazione avviene senza alcun automatismo.

Occorre considerare le particolarità del caso concreto, effettuando la necessaria “personalizzazione del danno”, apportando gli eventuali correttivi in aumento, o in diminuzione ( Cass. Civ. n. 15001/2004 ).

In che misura viene risarcito il danno morale?

L’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni stabilisce al fine di considerare la componente del danno morale da lesione all’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico.

Il danno morale viene risarcito in una frazione percentuale sull’invalidità permanente accertata in misura variabile da un quarto fino alla metà del danno biologico e, in casi particolarmente gravi, anche oltre.

Ai fini della liquidazione di tale pregiudizio si deve essere in presenza di un fatto illecito e della violazione di un diritto costituzionalmente garantito.

Come per esempio il diritto alla salute, riconosciuto dall’articolo 32 della Costituzione, che la Repubblica tutela come fondamentale diritto dell’individuo.

Il pregiudizio di tipo morale viene risarcito in via equitativa dal giudice, nel senso che è rimesso al suo prudente apprezzamento in relazione alla situazione concreta.

Naturalmente il giudice potrà fare ricorso anche a presunzioni legali per il relativo riconoscimento ed risarcimento dei danni morali.

Atteso che risulta di particolare difficoltà, oltre che evidenzia limiti di incostituzionalità, la prova dei propri sentimenti o del dolore subito per l’uccisione di un familiare.

A riguardo si rimanda al paragrafo inerente il risarcimento agli eredi per il danno da morte e al danno tanatologico.

Una volta provato tale turbamento dello stato d’animo a mezzo indagini medico legali, supportati dalla prova testimoniale, la liquidazione avviene a discrezionalità del giudice sulla base di parametri equitativi in rapporto all’entità del danno biologico riscontrato.

Danno morale per la morte di un congiunto

Il danno per la morte di un congiunto è il danno non patrimoniale “iure proprio” direttamente patito dai familiari per l’uccisione del proprio caro.

Si distingue dal danno “iure hereditario”, patito direttamente dal soggetto deceduto dopo una lucida agonia.

Il risarcimento del danno non patrimoniale per l’uccisione di un congiunto consiste nella definitiva perdita del rapporto parentale.

Tale danno costituisce un pregiudizio di tipo morale, riscontrabile nella sofferenza a causa della morte di un familiare per fatto illecito che sconfina nell’area del danno esistenziale.

Il danno per la perdita di un congiunto si colloca nell’area dell’art. 2059 del codice civile, prevedendo che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi stabiliti dalla legge.

La norma, pertanto, non apre la via ad un risarcimento di natura economica laddove la lesione, ovvero il danno, derivi da violazione dell’ articolo 2043 del codice civile.

Ciò perché gli interesse fatti valere sono quelli, costituzionalmente protetti, all’intangibilità della sfera degli affetti, alla reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia ed alla libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona ( artt. 2, 29 e 30 Cost.).

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Danno esistenziale

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Cos’è il danno esistenziale? 

Il danno esistenziale è il danno arrecato all’esistenza di una persona a seguito di un fatto illecito, quel danno che si traduce in un peggioramento della qualità della vita, pur non essendo inquadrabile nel danno alla salute.

Viene, pertanto, interpretato come un tertium genus all’interno della responsabilità civile.

Quale insieme ben distinto sia dal tronco del danno patrimoniale, sia da quello del danno morale.

Dunque: una realtà incentrata sul “fare non reddituale” della persona, tale da sconvolgere le sue abitudini di vita, incidendo nella normale estrinsecazione della sua personalità.

Su questa posta di danno, ovvero su tale ulteriore richiesta di liquidazione del danno la giurisprudenza si è mossa molto timidamente.

Dopo le sentenze gemelle di San Martino, che hanno enunciato il principio per cui il danno deve essere risarcito nella sua interezza, ma senza duplicazioni risarcitorie, è raro che i giudici tendano a liquidarlo se si tratta di lesioni lievi, se non in presenza di prove inconfutabili e rigorose.

Le 4 sentenze gemelle n. 26972-26973-26974-26975 delle Sezioni Unite dell’11 novembre 2008, chiamate a dirimere il contrasto sul danno esistenziale hanno confermato e consolidato quanto espresso nel 2003 dalla Suprema Corte con le sentenze 7281, 7283, 8827 e 8828.

Principi confermati dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 233, che ha delineato un quadro ermeneutico a fronte del quale ha assunto particolare rilievo la categoria descrittiva dei pregiudizi esistenziali.

Quando si ha il danno esistenziale?

Il danno esistenziale si ha in tutti quei casi in cui la vita di un individuo è stata stravolta o, comunque, ha subìto radicali cambiamenti in peggio nella sua vita di relazione a seguito di un fatto illecito. 

La Cassazione ha affermato che “il riferimento a determinati tipi di pregiudizio in vario modo denominati, risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il  riconoscimento di distinte categorie di danno”.

In tal modo ha confermato il principio secondo il quale il danno non patrimoniale non è suscettibile di suddivisione in categorie variamente etichettate, riconoscendo al danno biologico portata tendenzialmente omni-comprensiva.

Il nodo da sciogliere rimane il criterio che il giudice deve adottare per la liquidazione del danno dinamico relazionale.

Dovendosi “procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”. 

Il danno esistenziale incide nella vita di relazione del danneggiato che, per esempio, accusi distimia, umore depresso, disturbi del sonno.

Si è in presenza di un  danno  esistenziale quando il danneggiato non può più avere rapporti intimi con il proprio partner, non è in grado di praticare attività sportive cui  prima dedicava il proprio tempo, ricreative, o ludiche a causa dei danni subìti.

Tutti questi aspetti sono compresi nella definizione del danno esistenziale che devono essere non soltanto provati, ma documentati dal danneggiato che intende richiedere anche tale posta del danno non patrimoniale.

Come si calcola il danno esistenziale?

Nel corso di una costante evoluzione giurisprudenziale oggi al danno esistenziale si è data una nuova connotazione e si preferisce parlare di danno dinamico relazionale.

Circa la relativa quantificazione e, dunque, il criterio di calcolo del danno  esistenziale, vale in linea di massima il discorso relativo al danno morale.

Il calcolo del danno esistenziale rientra nella quantificazione nella ormai comune personalizzazione del danno operata dai giudici la cui forbice è molto ristretta.

Con liquidazione di importi spesso, purtroppo, irrisori rispetto alla gravità dei danni subiti, se non assistiti da un avvocato specializzato in risarcimento danni.

Con la personalizzazione del danno si tende ad incrementare il punto base del danno  biologico in misura percentuale variabile a seconda della gravità delle lesioni riportate.

In altre parole, con la personalizzazione del danno si aumenta l’entità del risarcimento del solo danno biologico fino ad un massimo del 45 % nei casi più gravi e complessi. 

Come provare il danno esistenziale?

La definizione del danno esistenziale accolta dalle Sezioni Unite è quella di danno provocato al fare a reddituale” della persona.

Una tipologia di danno, dunque, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.

Il danno dinamico relazionale si eleva al rango di quella tipologia di pregiudizi che attengono alla dignità della persona e che sono risarcibili in virtù degli  articoli 1, 2, 4 e 35 della Costituzione.

Il danno esistenziale deve essere sempre supportato da prova documentale per avere ragionevole certezza di potere essere liquidato dal giudice, o in via stragiudiziale, all’esito di trattativa con l’assicurazione nel caso di incidente stradale.

Alla prova documentale, segue la prova testimoniale che può essere ammessa nel  corso, per esempio, di un giudizio per responsabilità civile medica o di incidente con feriti, in assenza di capitoli di prova generici, ininfluenti od inammissibili.

I testimoni, che conoscono bene le abitudini del danneggiato, potranno confermare il cambiamento in peggio della vita di relazione di chi reclama, a seguito di un fatto illecito, di  avere riportato danni con ripercussioni nella sua sfera sociale.

Si pensi anche al caso dell’ ingiusta detenzione.     

Risarcimento del danno esistenziale

La Suprema Corte ha affermato che “il pregiudizio di tipo esistenziale è risarcibile entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno”.

In tal modo ha espresso con chiarezza il principio secondo cui tali pregiudizi sono risarcibili quando derivano, anche al di fuori dei casi previsti dalla legge, dalla violazione di un diritto costituzionalmente garantito della persona.

Il risarcimento del danno esistenziale non è necessariamente legato al danno biologico, avendo una sua propria autonomia ed essendo, a volte, sottile e difficile distinguere il confine con il danno morale.

Si pensi al caso di un incidente stradale mortale in cui si ritiene che ai familiari della vittima vadano, senz’altro, ristorati anche gli aspetti relazionali propri del  danno da perdita del rapporto parentale  inteso come danno esistenziale.

In questi casi, quando si è in presenza di un danno esistenziale rilevante, è fondamentale la scelta di un avvocato civilista che conosca bene la materia della responsabilità civile.

Ciò al fine di potere inquadrare correttamente il caso e ricostruirne la vicenda ai fini risarcitori, senza vedere pregiudicati i propri diritti ad ottenere giustizia.

Il danno esistenziale per morte di un familiare

Rispetto al modello delineato dalla Cassazione, il danno esistenziale, che guarda unicamente al cambiamento in negativo del facere, finisce per elevare ad essenza del risarcimento solo la tecnica attraverso cui nel danno alla salute si procede alla personalizzazione del quantum.

Secondo tale prospettiva il danno del genitore che abbia perso un figlio in un incidente stradale dovrebbe misurarsi esclusivamente sul cambiamento della sua esistenza.

Con il rischio che, ove il danneggiato continui a svolgere la precedente grigia esistenza con il mero fardello del lutto, potrebbe ottenere un risarcimento inferiore rispetto al danneggiato vittima di ingiurie che riesca a provare il sacrificio di una precedente e sfavillante vita sociale e relazionale.

Così facendo viola, però, l’esigenza di rispettare la pari dignità dei danneggiati e il principio di uguaglianza formale e fa regredire il sistema alla vecchia logica del danno alla vita di relazione, specchio indiretto del patrimonio del danneggiato.

Che nello sconvolgimento della vita famigliare vi sia un peggioramento oggettivo  dell’esistenza dei soggetti coinvolti è nozione dell’ “id qod plerumque accidit”.

Tuttavia se il pregiudizio esistenziale, non viene documentato non potrà venir concesso.

In quanto non si tratta di danno “in re ipsa” né,  sia mai, di danno evento, bensì di danno conseguenza, che allegato può essere provato anche per presunzione, salva la prova contraria, o salvo una prova di una maggior consistenza rispetto alla normalità.